martedì 23 dicembre 2008

SALUTE-CASO DISPERATO: DONNA MALATA E POVERA VUOLE L'EUTANASIA PER DISPERAZIONE

Malata grave chiede l'eutanasia
L'Aquila, non ha soldi per curarsi
Una donna di Castel di Sangro, in provincia dell'Aquila, ha chiesto di essere sottoposta a eutanasia, perché non riesce a sostenere le spese per curare la sua grave forma tumorale. Da anni vive in stato di indigenza con la sola pensione d'invalidità di 250 euro al mese. "Se devo continuare a vivere così, mi si dia la possibilità di avere una morte dignitosa. Se non in Italia in un altro Paese", ha dichiarato la donna.


Nei giorni scorsi la commissione medica le ha ha rigettato l'istanza di accompagnamento: la grave malattia la costringe a percorrere ogni volta 250 chilometri per sottoporsi alle cure nel reparto di oncologia dell'ospedale di Pescara.

L'assessorato alle politiche sociali del suo comune di residenza, non avendo risorse disponibili per un sussidio, le ha offerto il patrocinio gratuito per il ricorso contro la decisione della commissione medica.



http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo436862.shtml

SALUTE-INFLUENZA: A NATALE IN 100 MILA A LETTO

Influenza, a Natale in 100mila a letto
13,5 milioni gli italiani vaccinati

MILANO (23 dicembre) – Arriva a grandi passi: l'influenza si sta affacciando alle festività ormai come vuole la tradizione, visto che sono anni che proprio nel periodo natalizio si ha il culmine dell'infezione. «A cavallo del Natale oltre 100 mila italiani passeranno le feste sotto le coperte con febbre alta», prevede Fabrizio Pregliasco, professore di virologia all'università degli Studi di Milano.

Come previsto dagli esperti fin da ottobre, la curva di crescita di nuovi casi di influenza, iniziata in concomitanza con le festività natalizie, raggiungerà il picco dopo la metà di gennaio. «Nelle malattie da raffreddamento - afferma Pregliasco - è sufficiente ricorrere ai farmaci di automedicazione o da banco che possiamo comprare in farmacia senza prescrizione medica. L'uso degli antibiotici, invece, è da valutare con il proprio medico in quanto utile solo in presenza di infezioni batteriche».

13,5 milioni italiani vaccinati In media, ogni medico inocula il vaccino a circa 300 dei propri assistiti ed i medici stessi si vaccinano (il 70% lo ha fatto e il 75% sottopone al vaccino il proprio personale di studio), sono le cifre fornite dal Centro Studi della Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale (Fimmg). Secondo il 20% dei medici di famiglia, inoltre, ci sono limitazioni nell'erogazione delle dosi vaccinali destinate alle categorie protette da parte delle Asl. L'indagine, su 1100 medici di base, mostra che circa il 70% dei medici si sottopone al vaccino e in media il 75% dei medici vaccina o fa vaccinare contro l'influenza il proprio personale di studio (da un minimo del 72% al Nord-est ad un massimo del 78% al Sud e Isole). Questi dati dimostrano la fiducia riposta dai medici di famiglia nel trattamento preventivo.

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=39493&sez=HOME_INITALIA

lunedì 22 dicembre 2008

BIOTECNOLOGIA:Scienziati italiani e svizzeri hanno collegato materiale organico e no ottenendo la trasmissione di dati

Neuroni e nanotubi al carbonio
ecco il cervello ad alta velocità
Scienziati italiani e svizzeri hanno collegato materiale organico e no ottenendo la trasmissione di dati. In futuro la rete permetterà di bypassare aree cerebrali lesionate



ROMA - Un cervello iperveloce che scambia informazioni tra aree neurali con prestazioni elevatissime, che tra gli intricati meandri della sua materia grigia nasconde componenti artificiali perfettamente integrate tra i neuroni: non si può non fantasticare su futuri ibridi uomo-macchina di fronte a un esperimento denso di aspettative. Infatti, ricercatori italiani e svizzeri hanno "collegato" ai neuroni nanotubi di carbonio e in questo modo hanno aumentato l'eccitabilità neurale.

L'invenzione è presentata sulla rivista Nature Nanotechnology e si deve a Michele Giugliano, prima al Laboratorio di Neural Microcircuitry dell'Ecole Polytechnique Federale di Losanna, Svizzera, oggi all'Università di Anversa, oltreché a Laura Ballerini e Maurizio Prato, dell'Università di Trieste presso il centro BRAIN. I nanotubi di carbonio hanno capacità di condurre elettricità e i neurologi hanno dimostrato che questi materiali possono formare giunzioni strette, un po' come quelle naturali tra cellule, con le membrane dei neuroni. Questo permette di creare collegamenti neurali artificiali e vere e proprie 'scorciatoie' per il passaggio del segnale nervoso, in grado di aumentare l'eccitabilità neurale. L'idea potrebbe essere sfruttata per creare ponti neurali che bypassino traumi o lesioni e interfaccia cervello-computer per neuroprotesi.

La fitta foresta di neuroni che compone il nostro sistema nervoso è organizzata in modo tale che ciascun neurone, attraverso ramificazioni cellulari molto intricate, prenda contatti con quelli limitrofi. Questo permette di instaurare una comunicazione tra neuroni e tra aree neurali anche distanti tra loro. La comunicazione sfrutta i segnali elettrici: quando la membrana di un neurone si eccita in risposta a un messaggero chimico esterno inviato da altri neuroni, il treno di impulso elettrico si propaga come un'onda da un'estremità all'altra del corpo del neurone fino alla punta dellassone, il braccio principale del neurone, e induce il rilascio di nuovi messaggeri chimici che vanno a eccitare la membrana di altri neuroni. In questo modo l'impulso elettrico viaggia nel cervello. In caso di lesioni, per esempio a seguito di un ictus o di un trauma, il "viaggio" del messaggio neurale può trovare dei "binari morti" e fermarsi.


I nanotubi di carbonio potrebbero essere usati per ripristinare la linea neurale e bypassare zone lesionate. Potrebbero accorciare i collegamenti e quindi accelerare il viaggio dell'impulso elettrico, potenziandone l'effetto. Non solo, anche le interfaccia macchina-cervello cui oggi sono rivolti gli occhi di tanti che, vittime di lesioni, non possono più comandare i muscoli, potrebbero essere costruite utilizzando i nanotubi sull'ultimo tratto di collegamento al cervello, piuttosto che i classici elettrodi in metallo usati oggi.
Il nanotubo in carbonio si adatterebbe molto meglio a questo compito, in quanto si dimostra più capace di connettersi e formare giunzioni più "naturali" con la membrana del neurone.

"I risultati riportati nel nostro lavoro - spiegano gli autori nell'articolo - indicano che i nanotubi potrebbero influenzare l'elaborazione neurale dell'informazione"; aumentando le conoscenze sul funzionamento delle reti ibride neuroni-nanotubi, si potrebbero aprire le porte allo sviluppo di materiali "intelligenti" per la riorganizzazione di sinapsi all'interno di una rete neurale.

(21 dicembre 2008)



http://www.repubblica.it/2008/12/sezioni/scienze/nanotubi-neuroni/nanotubi-neuroni/nanotubi-neuroni.html?ref=hpspr2

martedì 16 dicembre 2008

Per lo smemorato una dieta a base di pane e pasta

Per lo smemorato una dieta a base di pane e pasta

15 dicembre 2008 - 14.11 (Ultima Modifica: 15 dicembre 2008)

I tanti studi effettuati dai ricercatori di tutto il mondo hanno dato esiti di tutti i tipi: dai più scontati a quelli eclatanti. E tra quest'ultimi si può sicuramente inserire l'esito della ricerca effettuata dagli scienziati della Tufts University di Boston e pubblicata sulla rivista specializzata "Appetite", secondo la quale l'assenza di carboidrati contribuirebbe ad una costante e progressiva perdita di memoria.



Dai risultati ottenuti dall'equipe di ricercatori diretta dal dottor Holly Taylor, che hanno valutato attentamente le abitudini e studiato la memoria di un campione di 19 donne comprese tra i 22 e i 55 anni, è emerso che la diminuzione dei carboidrati (pane, pasta, patate) causa perdita di lucidità, rallentamento delle capacità cognitive e di percezione e soprattutto la perdita della memoria.



Secondo Taylor "lo studio dimostra che il cibo ha un impatto immediato sul comportamento cognitivo, e queste diete hanno un grande impatto negativo su pensiero e memoria".



La realizzazione del test

è stata molto semplice: le 19 donne sono state divise in due gruppi e sottoposte a due diete differenti. Un gruppo ha seguito una dieta equilibrata, l'altro una dieta povera di carboidrati. Successivamente sono stati effettuati dei test di cognizione e memoria sui due gruppi, ed è emerso che le donne che hanno seguito la dieta povera di carboidrati erano in uno stato mentale peggiore rispetto a quelle del primo gruppo: scarsa attenzione e poca memoria, minore reattività e difficoltà cognitive.



Ma quali sono i motivi di questa perdita di memoria? Secondo i ricercatori la spiegazione è molto semplice, e va ricercata nella quantità di glucosio (ridotta quando non si assumono carboidrati) che viene portata al cervello. Lo zucchero è infatti utilizzato dalle cellule nervose, una sorta di 'benzina' del nostro cervello, e quando questo scarseggia alcune funzioni, in questo caso quelle relative a cognizione e memoria, ne risentono.



Le diete più 'famose', quelle che vietano l'assunzione in principal modo dei carboidrati, sono quindi a rischio sotto questo aspetto: una perdita di peso equivale a una perdita di memoria. E a questo punto, se i risultati sono veritieri, è lecito chiedersi: ne vale davvero la pena?



http://www.romagnaoggi.it/cronaca/2008/12/15/110740/

Nuovi orizzonti per la cura di cuore e muscoli con le cellule staminali

Nuovi orizzonti per la cura di cuore e muscoli con le cellule staminali
15/12/2008

Presentata a Roma una ricerca che apre la via per consentire alle staminali di autoriparare il cuore; un nome italiano dietro lo studio che consente ad una sola staminale di riparare i muscoli



Quasi in contemporanea, dal sessantanovesimo Congresso della Società Italiana di Cardiologia in corso a Roma e dal Meeting Annuale della American Society for Cell Biology (ASCB) in corso a San Francisco, vengono novità importanti sull’utilizzazione delle cellule staminali.
Il cuore colpito da infarto si potrà riparare da solo.
Uno studio italiano ha scoperto come rieducare le cellule staminali cardiache a riparare il cuore danneggiato e le sperimentazioni sono incoraggianti. Infatti, le cellule staminali svolgono il delicato compito di aggiustare il muscolo cardiaco ma dopo un infarto le cellule non riescono più ad assicurare questa preziosa auto-riparazione.

Studiosi italiani, dell'Università La Sapienza di Roma e del Laboratorio di Biologia Molecolare Europeo (EMBL) di Monterotondo, hanno scoperto perchè le cellule smettono di funzionare correttamente ma anche, questa è un'eccezionale novità, hanno capito come metterle nelle condizioni di riparare il danno.
L'infarto, o il danno cardiaco, provoca un ambiente ostile all'attività normale delle cellule staminali. Modificando l'ambiente subito dopo l'evento che ha provocato il danno, le cellule staminali possono riprendere la loro corretta funzione.

Si è ricorsi a fattori di crescita da introdurre nel muscolo cardiaco danneggiato.
Le ricerche hanno consentito di individuare un particolare fattore di crescita, il mIGF-1, che si è rivelato idoneo a modificare l’ambiente, attivare le cellule staminali e recuperare efficientemente il danno.
L’mIGF-1 è un fattore normalmente presente nei diversi tessuti dell’organismo, ma in diverse condizioni patologiche la sua funzione viene a mancare. Ecco perché è necessario introdurlo dall’esterno. Al momento queste scoperte hanno dato risultati molto incoraggianti su modelli animali.

"E’ una scoperta veramente molto importante - dice Francesco Fedele, Direttore del Dipartimento di Cardiologia dell’Università La Sapienza di Roma e presidente della Società Italiana di Cardiologia - perché apre una via nuova e fortemente innovativa soprattutto per un utilizzo ‘intelligente’ delle cellule staminali.
Questa Ricerca sottolinea come le nuove tecnologie, vedi la Risonanza Magnetica, debbano essere impiegate per caratterizzare il tessuto dopo l’infarto o per mettere in evidenza eventuali condizioni ambientali favorevoli o non favorevoli. Il nostro augurio è che presto le ricerche possano passare dal laboratorio al letto del paziente".

Una sola cellula staminale adulta dei muscoli è in grado, una volta inserita all'interno di un muscolo malato, di riprodurre tutta una 'famiglia’ di cellule e ripristinare la funzionalità muscolare persa. La dimostrazione arriva per la prima volta in uno studio su topolini diretto da Alessandra Sacco della Stanford University.
Nel muscolo di una gamba, privato delle proprie cellule staminali muscolari e danneggiato irreversibilmente, la singola cellula staminale adulta 'attecchisce’ e si moltiplica, ripristinando la funzione muscolare.

Lo studio è stato presentato al Meeting Annuale della American Society for Cell Biology (ASCB) in corso a San Francisco. Le staminali del muscolo sono le cosiddette cellule satellite, normalmente entrano in azione quando un tessuto muscolare viene lesionato e lo riparano.
In molte malattie degenerative del muscolo però questa 'cura naturale’ viene a mancare e le fibre muscolari pian piano si degradano.


http://www.iltamtam.it/ArticleDetail.aspx?articleId=10636

sabato 13 dicembre 2008

Tumori: olio, ceci e fagioli rallentano la malattia

Tumori: olio, ceci e fagioli rallentano la malattia
È il cancro la malattia del secolo, la prima causa di morte nei Paesi sviluppati. Per combatterlo non solo radioterapia, chemioterapia e ‘cocktail su misura’ ma anche una adeguata alimentazione. Uno studio dell’endocrinologa Maria Luisa Brandi, dell’Università di Firenze, allunga la lista degli alimenti dalle proprietà anti-cancro aggiungendo olio extravergine di oliva, fagioli e ceci. Test condotti in vitro hanno dimostrato che tali alimenti rallentano di molto lo sviluppo delle cellule malate.



Per l’esperimento sono state utilizzate due colture uguali di cellule umane di cancro del colon, circa 10.000 cellule. Mentre uno dei nuclei è stato in alcun modo curato, l’altro è stato trattato con olio extravergine di oliva, ceci e fagioli. Le masse tumorali sono state controllate ogni quarantotto ore e, dopo dodici giorni le cellule non trattate si sono sviluppate in misura esponenziale passando da 10.000 a 980.000 cellule, mentre il gruppo manipolato si è fermato a 86.000 cellule. Per adesso simili risultati sull’uomo sono solo ipotizzabili ulteriori studi spiegheranno gli effetti di tali cibi sulla proliferazione delle masse tumorali. Ma la dottoressa Brandi è fiduciosa “Solo con la biologia molecolare sapremo davvero perché certi cibi fanno bene o male alla salute. È presto per dire se questo eccezionale processo possa ripetersi sull’uomo, ma di sicuro lo possiamo ipotizzare”.



Rosaria Albanese



http://www.dottorsport.info/modules/article/view.article.php?12487

Maschio o femmina? Te lo dicono i geni del padre

Maschio o femmina? Te lo dicono i geni del padre



di emanuela grasso Pensiero Scientifico - da 7 ore 1 minuto

La coppia di cromosomi sessuali XX in genetica identifica una femmina, la coppia XY un maschio. La madre trasmette al nascituro sempre e solo la X, il padre può trasmettere la X o la Y. Il sesso del bambino, questo si sa dai tempi di Mendel e della scoperta dei caratteri ereditari, dipende dal padre o meglio da quale allele, se X o Y, si accoppia con l’allele X proveniente dalla madre. Per ogni gravidanza, dunque, la probabilità di dare alla luce un maschio o una femmina è sempre 0,5, ossia il 50 per cento. Come si spiega allora che in alcune famiglie vi sia la preponderanza di un genere rispetto ad un altro? Ci sono dei casi in cui dei genitori che hanno generato solo femmine continuano a volere altri figli per avere il maschio o viceversa. Gli statistici trovano questo atteggiamenteo scorretto: poiché ogni procreazione è un evento singolo, un po’ come l’estrazione del lotto, nel successivo evento non conta quanto accaduto prima; quindi, è inutile pensare di avere più chance di dare alla luce una femmina perché si hanno già dei figli maschi o viceversa. Una ricerca condotta dalla Newcastle University e pubblicata sulla rivista Evolutionary Biology potrebbe tuttavia sovvertire questa convinzione degli statistici. Corry Gellatly e il suo gruppo hanno dimostrato che i maschi ereditano la tendenza ad avere più figli maschi o più figlie femmine dai loro genitori esattamente come altri caratteri trasmissibili. In altri termini, i maschi che hanno avuto più fratelli hanno maggiore probabilità di avere figli maschi, se hanno avuto più sorelle genereranno con più probabilità femmine. Gellatly è giunto a questa conclusione studiando l’albero genealogico di 927 famiglie per un totale di 556 mila persone provenienti dall’Europa o dal Nord America; il ricercatore è riuscito a ricostruire alberi genealogici fino ad arrivare indietro nel tempo al 1600. L’ipotesi avanzata da Gellatly è che esista un gene in grado di controllare la segregazione allelica dei cromosomi sessuali e che questo determini la presenza nello sperma di più cromosomi Y rispetto a X o viceversa. In particolare, Gellatly sostiene che esisterebbe un gene che può modulare il contenuto in X e Y dello sperma maschile dando luogo a tre fenotipi: il maschio mm che ha uno sperma più ricco di Y e avrà una probabilità maggiore di avere figli; il maschio mf che ha uno sperma con il medesimo contenuto di X e Y e dunque conserva sempre il 50 per cento di possibiltà di avere o un figlio o una figlia; il maschio ff che ha uno sperma ricco di X e che con più probabilità avrà figlie femmine. Fonte: Boy or girl? It’s in the father's genes. News release Newcastle University

emanuela grasso



http://it.notizie.yahoo.com/25/20081212/thl-maschio-o-femmina-te-lo-dicono-i-gen-bd646f4.html

giovedì 11 dicembre 2008

SALUTE: OGNI ANNO IN EUROPA 90MILA BIMBI NASCONO CON MALFORMAZIONI

11-12-08
SALUTE: OGNI ANNO IN EUROPA 90MILA BIMBI NASCONO CON MALFORMAZIONI

(ASCA) - Roma, 11 dic - Ogni anno in Europa circa 25.000 bambini nascono morti, e altri 25.000 muoiono entro i primi 12 mesi; tra quelli che sopravvivono, circa 90.000 presentano malformazioni di origine congenita, e altri 40.000 hanno disabilita' gravi.

E' stato presentato oggi presso l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu' il rapporto sulla salute materno-infantile (dalla gravidanza al primo anno di vita) in Europa, che riporta i risultati di quattro importanti progetti finanziati dalla Commissione Europea: - Euro-Peristat, che ha sviluppato gli indicatori per il monitoraggio e ha coordinato l'analisi dei dati; - Euroneostat, che riguarda i nati pretermine ricoverati in terapia intensiva neonatale; - Eurocat e SCPE, che monitorizzano rispettivamente le malformazioni congenite e le paralisi cerebrali.

Nonostante i grandi progressi di questi ultimi decenni il primo anno di vita, e in particolare il primo mese, rappresenta ancora un periodo a rischio. Persistono importanti diseguaglianze sia tra i diversi Paesi europei che all'interno dello stesso Paese. Inoltre, gli stessi progressi scientifici e tecnologici che hanno permesso l'aumento della sopravvivenza portano con se' nuove complessita': basti pensare al diffondersi delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, con aumento dei parti multipli (gemellari e plurigemellari) a maggior rischio di nascita pretermine.

Il rapporto e' il frutto della collaborazione di un ampio gruppo internazionale di epidemiologi, biostatistici e clinici, coordinato dall'Institut national de la sante' et de la recherche me'dicale di Parigi (Francia); in Italia, Euro-Peristat e' stato coordinato dall'Ospedale Pediatrico Bambino Gesu' in collaborazione con l'ISTAT.

Res-mpd/dnp/alf



http://www.asca.it/moddettnews.php?idnews=796501&canale=ORA&articolo=SALUTE:%20OGNI%20ANNO%20IN%20EUROPA%2090MILA%20BIMBI%20NASCONO%20CON%20MALFORMAZIONI

Bambini: il primo anno di vita è quello a maggior rischio

il Giornale.it
n. 296 del 2008-12-11 pagina 0

Bambini: il primo anno di vita
è quello a maggior rischio
di Tiziana Paolocci

Roma, presentato al Bambino Gesù il rapporto europeo sulla salute di mamme e neonati. L’Italia supera l’esame ma resta troppo alto il ricorso al parto cesareo


Il Bambino Gesù punto di riferimento per la salute materno infantile in Italia. Ieri presso l’ospedale pediatrico di Roma è stato presentato il rapporto europeo sulla salute di mamma e figlio, dalla gravidanza al primo anno di vita del bambino, che riporta i risultati di quattro importanti progetti finanziati dalla Commissione Europea. Si tratta di Euro-Peristat, che ha sviluppato gli indicatori per il monitoraggio e ha coordinato l’analisi dei dati, Euroneostat, che riguarda i nati pretermine ricoverati in terapia intensiva neonatale, Eurocat e Scpe, che monitorizzano rispettivamente le malformazioni congenite e le paralisi cerebrali.

Per la prima volta è disponibile un quadro completo e dettagliato che integra risultati provenienti da fonti diverse: dati correnti, sia di tipo anagrafico che sanitario e gestionale, e risultati di progetti specifici. Il rapporto è frutto della collaborazione di un ampio gruppo internazionale di epidemiologi, biostatistici e clinici, coordinato dall’Institut national de la santé et de la recherche médicale di Parigi (Francia), mentre nel nostro Paese Euro-Peristat è stato coordinato proprio dal Bambino Gesù in collaborazione con l’Istat.

Il dato più significativo svela che, nonostante i grandi progressi di questi ultimi decenni, il primo anno di vita e in particolare il primo mese, rappresenta ancora un periodo a rischio per i piccoli. Ogni anno, infatti, in Europa circa 25.000 bambini nascono morti, e altrettanti muoiono entro i primi 12 mesi. Tra quelli che sopravvivono circa 90mila presentano malformazioni di origine congenita, e altri 40mila hanno disabilità gravi. Persistono, poi, importanti diseguaglianze sia tra i diversi Paesi europei che all’interno dello stesso Paese, come dimostra Euro-Peristat che ha analizzato, in maniera comparativa, 26 nazioni. Su mille nati vivi, a esempio, il numero di quelli che perdono la vita nei paesi scandinavi nel primo anno varia da 3 in Svezia e Norvegia a 8.1 in Lituania e 9.4 in Lettonia, mentre in Italia il 4 su 1000.

Grave anche il risultato della mortalità neonatale: i morti nei primi 28 giorni di vita per 1000 nati vivi sono circa 2 in Svezia e Norvegia, 4.9 in Polonia, 5.7 in Lettonia e 2.8 in Italia. L’evidente squilibrio tra il Nord e il Sud dell’Europa solleva problemi sulla adeguatezza di una identica definizione per popolazioni diverse. I nati pretermine, invece, con età gestazionale inferiore a 37 settimane compiute, sono il 5.3 per cento in Lituania, il 5.6 in Finlandia, il 5.7 in Lettonia fino all’ 8.9 in Germania, l’11.4 in Austria e il 12.2 nella Repubblica Ceca (6.8 per cento in Italia). Nel nostro paese, poi, si registra un numero altissimo di cesarei, il 38 per cento delle nascite, mentre la percentuale in Slovenia è del 14 per cento, del 15 in Olanda e del 33 per cento in Portogallo.

Non esiste alcun Paese, in sintesi, che occupi sempre la migliore posizione per tutti gli indicatori. Tutti hanno punti di forza e altri su cui vi è necessità di miglioramento. Ed è necessario comprendere le ragioni di questa variabilità per poter formulare interventi efficaci di prevenzione. L’Italia occupa una posizione nel complesso buona, in linea con quelle degli altri Paesi occidentali, per la maggior parte degli indicatori di salute analizzati. Il nostro Paese si differenzia maggiormente, invece, per alcuni valori di utilizzo dei servizi sanitari. Ad esempio, abbiamo un tasso piuttosto elevato di episiotomie (52 per cento dei parti vaginali), superati in questo soltanto da Repubblica Ceca, Belgio e Spagna. E soprattutto, abbiamo in assoluto il tasso di parti cesarei più alto in Europa (37.8 per cento nel 2003): un dato spiegabile solo parzialmente con l’alta percentuale di nascite da donne di 35 anni o più. L’alta frequenza del parto cesareo in Italia si conferma anche per i dati più recenti (37.3 per cento nel 2005), con una grande variabilità tra le regioni: 22.5 per cento in Valle d’Aosta, 24 per cento in Friuli e Toscana, 42 per cento in Lazio, 52.8 in Sicilia, e 59.6 in Campania.



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mercoledì 10 dicembre 2008

Alzheimer/ Dopo la scoperta del legame con l'herpes arriva una cura preventiva

Alzheimer/ Dopo la scoperta del legame con l'herpes arriva una cura preventiva
Mercoledí 10.12.2008 12:09




Di Silvia Finazzi


Salute/Alzheimer: la cura può arrivare dall’NGF di Rita Levi Montalcini

Contro l'Alzheimer/ Il segreto per fermare l'età che avanza? Allenare il cervello. Previene anche il Parkinson

Salute/ Alzheimer, in arrivo un test per individuare la fase precoce

Salute/ Contro Alzheimer e demenza allena il cervello
Arriva un nuovo rimedio contro l'alzheimer . Si chiama "Train the brain", allena il cervello, il nuovo progetto di ricerca scientifica condotto in collaborazione tra Fondazione Caripisa e CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) di Pisa.
Lo studio, che durerà tre anni, ha un obiettivo preciso: valutare gli effetti di un programma a base di "allenamento" cognitivo e di training fisico in pazienti con demenza iniziale. Proprio così, perché i muscoli non sono i soli a dover essere allenati.

Anche la mente ha bisogno della sua palestra per lavorare meglio e frenare l'evoluzione di malattie importanti, come Alzheimer o demenza vascolare. I ricercatori sono convinti che un mix di ginnastica della mente e del corpo possa rallentare lo sviluppo di queste malattie e agire in maniera più efficace rispetto alle cure tradizionali. In effetti, studi passati hanno già dimostrato la validità di questo approccio.

Nel cervello di un adulto sono presenti circa 100 miliardi di neuroni (cellule nervose), collegati fra loro e raggruppati in piccoli gruppi, detti circuiti nervosi. Sono proprio questi circuiti che, attivandosi in modo coordinato, controllano il nostro comportamento e le nostre azioni.

Non si tratta di una struttura fissa. Con il tempo, i circuiti nervosi si modificano. Se il cervello dei neonati è altamente reattivo perché i neuroni si sviluppano velocemente e creano importanti collegamenti, quello degli anziani è più "lento". Ecco perché dopo una certa età è più facile accusare disturbi cognitivi, come limitazione della memoria o scarsa attenzione.



In caso di malattia, poi, le cose precipitano. Si ipotizza, infatti, che la fase iniziale della demenza sia caratterizzata da una perdita progressiva del numero, dell'efficacia e della modificabilità delle connessioni fra i neuroni in specifiche aree cerebrali.Il processo però non è inevitabile, nemmeno in caso di demenza. Alcune ricerche hanno dimostrato che tenendo allenato il cervello, i neuroni si deteriorano meno e si mantengono più efficienti. Non solo: pure l'esercizio fisico può esercitare effetti benefici sulle funzionalità cerebrali.

Di qui l'idea di "Train the brain". In pratica, nei prossimi tre anni alcune persone a rischio di sviluppare demenza o con demenza in fase iniziale verranno sottoposte sia a interventi di stimolazione fisica e cognitiva, sia di interazione sociale (avere scambi con altre persone è stimolante). Lo scopo è verificare se questo tipo di approccio possa frenare il declino legato alla malattia. Un progetto ambizioso e fortemente innovativo, il primo al mondo a tentare di dare una risposta a queste domande.

In attesa dei risultati, può essere utile un po' di fai da te. Sì allora a quelle attività che mantengono vivo e attivo il cervello, come leggere molto, fare quiz e cruciverba, aiutare figli e nipoti con i compiti, guardare documentari. E anche un po' di attività fisica e di chiacchiere con gli amici non guastano.



http://www.affaritaliani.it/cronache/alzheimer-cervello-herpes101208.html

martedì 9 dicembre 2008

Gravidanza a rischio con il fumo passivo

Gravidanza a rischio con il fumo passivo
09 12 2008

Si sa che fumare fa male ma spesso si sottovalutano gli effetti del fumo passivo, più dannoso del fumo diretto in quanto non coinvolge una sola persona. Numerosi studi hanno confermato la tossicità del fumo passivo, ora, un nuovo studio, dimostra gli effetti negativi sulla fertilità e la gravidanza. Stando ai dati raccolti da un gruppo di ricercatori americani coordinati da Luke Peppone della University of Rochester (Usa), le donne che da piccole sono state esposte al fumo passivo, anche a distanza di molti anni, rispetto alle altre potrebbero avere maggiori problemi di fertilità anche se da adulte seguono uno stile di vita salutare. I dettagli dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Tobacco Control (Dicembre 2008).

In base a quanto hanno osservato i ricercatori, non sono a rischio solo le donne che stanno cercando di rimanere incinta, la fertilità delle donne verrebbe compromessa fin da piccole se esposte al fumo passivo. Le tossine del fumo potrebbero essere in grado di danneggiare permanentemente la fertilità delle donne aumentando il rischio di aborti e diminuendo le possibilità di rimanere incinte.

Nel complesso, lo studio ha esaminato i dati relativi a circa 4800 donne curate presso il Roswell Park Cancer Institute di New York. Tutte le donne osservate dovevano rispondere ad una serie di domande sul proprio stile di vita presente e passato, sui tentativi di concepimento, ecc.. Del totale, circa l'11 per cento delle donne hanno dichiarato di aver avuto delle difficoltà nel rimanere incinta, circa un terzo ha invece perso uno o più bambini. Quasi il 40 per cento del campione osservato ha avuto problemi di fertilità. I ricercatori, analizzando nel dettaglio tutti i dati, hanno notato che le donne esposte da piccole al fumo passivo dei genitori avevano il 26 per cento di difficoltà in più nel concepimento ma non solo, si è riscontrato anche un maggior rischio, intorno al 39 per cento, di aborto spontaneo.

Studi precedenti hanno dimostrato che il fumo riduce la fertilità maschile danneggiando gli spermatozoi, questo studio evidenzia che ci sono effetti negativi anche sulla fertilità della donna. Luke Peppone spiega che in base i dati raccolti si è dimostrato che il fumo passivo non è pericoloso solo per le donne gravide ma può provocare anche dei danni a lungo termine che si riscontreranno solo dopo anni.



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http://www.universonline.it/_sessoesalute/salute/08_12_09_a.php

FUMO PASSIVO DA PICCOLE, A RISCHIO FERTILITA'

FUMO PASSIVO DA PICCOLE, A RISCHIO FERTILITA'

(AGI) - Londra, 6 dic. - Il fumo passivo e' letale quasi quanto fumare direttamente, e comporta seri rischi per la fertilita' e la gravidanza. Questo si sa. Ma la recente scoperta di un gruppo di scienziati americani e' ancora piu' inquietante: le donne che sono state esposte al fumo passivo da piccole, quasi sempre a causa di due genitori fumatori, corrono anche dopo molti anni seri rischi di avere problemi di fertilita', anche se da adulte tengono un regime di vita integerrimo. Le tossine nel fumo, si legge infatti nello studio pubblicato dalla rivista Tobacco Control, sono in grado di danneggiare gli organi della donna in modo permanente, aumentando in maniera esponenziale le possibilita' di non riuscire a rimanere incinte, o peggio di avere uno o piu' aborti spontanei. I ricercatori, guidati da Luke Peppone dell'Universita' di Rochester a New York, hanno studiato 4.800 donne curate presso il Roswell Park Cancer Institute di New York. Le donne hanno fornito dettagli di tutte le loro gravidanze, i tentativi di concepire e di aborti spontanei, cosi' come la loro storia di fumo "attivo" e l'esposizione nel corso della vita al fumo degli altri. Nel complesso, l'11 per cento delle donne hanno segnalato difficolta' ad avere una gravidanza, e circa un terzo ha perso uno o piu' bambini. In totale, il 40% delle donne ha avuto problemi di fertilita'. Analizzando la storia delle singole donne, si e' scoperto che quelle che avevano in casa genitori fumatori hanno avuto il 26% in piu' di difficolta' nell'avere un bambino, e addirittura il 39% di casi in piu' di aborto spontaneo. In totale, quattro donne su cinque hanno dichiarato di essere state esposte al fumo passivo nel corso della loro vita, e la meta' di aver "fumato" involontariamente per colpa dei genitori. "Queste statistiche sono mozzafiato - ha sottolineato Peppone - e certamente indicano ancora di piu' il rischio del fumo passivo". Secondo gli esperti, il tema del funmo passivo correlato alla fertilita' femminile "rimane una grande priorita' di sanita' pubblica".



http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200812061609-hpg-rsa0014-art.html
Diabete 2 e regolazione ritmo circadiano, c'è un link genetico

di david frati
09 12 2008
Una mutazione nella pathway molecolare della melatonina mediata dal gene MTNR1B avrebbe un ruolo essenziale nello sviluppo di diabete 2 o iperglicemia. Lo sostiene uno studio pubblicato su Nature Genetics.


Un team di ricercatori internazionali (coinvolti l’Imperial College di Londra, i francesi CNRS e Università di Lille, la canadese McGill University e il danese Steno Diabetes Centre) ha dimostrato che la presenza di una mutazione denominata rs1387153 nei pressi del gene MTNR1B è correlata a un aumento del livello medio di glucosio nel sangue e a un aumento del 20 per cento del rischio di insorgenza di diabete 2. Il dato è di estrema importanza perché MTNR1B è parte della pathway molecolare dell'ormone melatonina, che regola il ritmo circadiano. “La scoperta sottolinea un link tra il diabete e un difetto strutturale nel meccanismo che regola l’orologio biologico”, avverte Philippe Froguel dell’Imperial College. “Ora la strada per una identificazione precoce degli individui a rischio genetico è aperta, così da poter intervenire con strategie comportamentali e farmaci prima che la patologia si sviluppi”.



Bibliografia. Dina C, Oluf Pedersen O, Froguel P et al. A variant near MTNR1B is associated with increased fasting plasma glucose levels and type 2 diabetes risk. Nature Genetics 2008; doi: 10.1038/ng.277.

david frati

http://it.notizie.yahoo.com/25/20081209/thl-diabete-2-e-regolazione-ritmo-circad-bd646f4.html

L'alzheimer potrebbe essere causato da virus herpes simplex

L'alzheimer potrebbe essere causato da virus herpes simplex
Trovato Dna virale nel 90% delle placche proteiche
postato 17 ore fa



Roma, 8 dic. (Apcom) - Scienziati della Manchester University, GB hanno scoperto un'associazione tra il virus dell'herpes simplex (HSV), quello che causa la "febbre" intorno alle labbra, e la formazione delle placche proteiche che si accumulano nel cervello delle persone affette dalla Malattia di Alzheimer (MA), la forma più comune di demenza tra gli anziani.


Ruth Itzhaki e colleghi hanno, infatti, scoperto nel 90% delle placche presenti nel cervello di malati di Alzheimer la presenza di frammenti di Dna virale di HSV di tipo 1. Precedentemente, avevano già dimostrato che l'infezione virale, che colpiva le cellule nervose dei topolini di laboratorio conduceva ad una lenta deposizione di beta amiloide, il componente principale delle placche e che il virus è presente nel cervello di molte persone anziane e in molte persone portatrici di uno specifico fattore genetico, che li predispone di più alla malattia. Tra le persone infettate, il virus, nel 20-40% dei casi, non si manifesta per lunghi periodi durante i quali rimane dormiente.



Secondo i ricercatori è troppo presto per dire definitivamente se il virus è veramente responsabile della MA, ma nello stesso tempo ipotizzano che questa scoperta si potrebbe rivelare utile in futuro per curare la malattia o prevenire la formazione delle placche utilizzando i più comuni farmaci antivirali.



http://notizie.alice.it/notizie/top_news/2008/12_dicembre/08/l_alzheimer_potrebbe_essere_causato_da_virus_herpes_simplex,17153104.html

mercoledì 3 dicembre 2008

Aids, una molecola tutta italiana per bloccare il virus

Aids, una molecola tutta italiana per bloccare il virus


Il virus dell'aids
L'Aids ha un nuovo nemico. E' una piccola molecola diretta contro un 'enzima cellulare' che si è rivelata in grado di bloccare l'infezione. La scoperta, frutto di una ricerca congiunta del Cnr e dell'Università di Siena, è stata pubblicata sul Journal of Medicinal Chemistry.

"Il virus HIV - spiega Giovanni Maga dell'Igm-Cnr - è un parassita delle cellule umane e dunque non è capace di riprodursi al di fuori dell'organismo infetto". Per moltiplicarsi, infatti, l'Hiv si introduce in una cellula, e la 'spoglia' delle sue risorse nutritive per costruire nuovi virioni.

"All'interno della cellula infetta - continua Maga - il virus prende il controllo di numerosi enzimi cellulari, 'obbligandoli' a lavorare per produrre nuove particelle virali. Uno di questi enzimi è la proteina cellulare DDX3 che ha il compito di facilitare il flusso di informazione genetica tra il nucleo, dove l'informazione viene custodita, e il citoplasma, dove l'informazione viene tradotta in nuove proteine".

Partendo da queste premesse, i ricercatori hanno utilizzato tecniche computerizzate per disegnare una molecola 'su misura' per la proteina DDX3, che è stata poi sintetizzata e provata nei test biologici. "Questa piccola molecola - sottolinea Maga - si e' dimostrata in grado di bloccare l'azione di DDX3, causando l'interruzione della replicazione virale dell' HIV, senza però danneggiare le cellule non infette". Una scoperta che, secondo gli esperti, apre nuove possibilità di cura dell'Aids dato che un farmaco diretto contro un enzima cellulare avrebbe più probabilità di conservare la sua efficacia anche per tempi lunghi di terapia.

http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsid=87651

Arriva la pillola intelligente radiocomandata

Arriva la pillola intelligente radiocomandata

di david frati Pensiero Scientifico

Messa a punto una ‘pillola intelligente’ radiocomandata denominata iPill e dotata di microprocessore, batteria, sensori wi-fi e un serbatoio capace di raggiungere attraverso l’intestino una determinata area e lì liberare una dose di farmaco. Lo ha reso noto l’azienda produttrice, la Philips, al meeting annuale dell’American Association of Phrmaceutical Scientists (AAPS) in corso ad Atlanta. Si tratta di una nuova versione di un dispositivo messo a punto nel 2001 per effettuare gastroscopie con una microcamera comandata a distanza. Somministrare in modo così localizzato i farmaci può essere molto utile in patologie come il morbo di Crohn, la colite o il cancro colorettale, perché aumenta l’efficacia e diminuisce gli effetti collaterali. La iPill è in grado anche di raccolgiere una serie di dati clinici, come ad esempio la temperatura in loco, e trasmetterli in modalità wireless allo staff sanitario.



Fonte: Philips’ intelligent pill targets drug development and treatment for digestive tract diseases. Philips press release 2008.

david frati

http://it.notizie.yahoo.com/25/20081112/thl-arriva-la-pillola-intelligente-radio-bd646f4.html

Berlino: sottoposto a trapianto di midollo guarisce dall'Hiv

mercoledì 12 novembre 2008

Berlino: sottoposto a trapianto di midollo guarisce dall'Hiv


E' definito come un grande passo avanti della ricerca nella lotta contro l'Aids ma tutti sono cauti nel valutare la guarigione dal virus dell'Hiv di un paziente malato di leucemia e sottoposto a trapianto di midollo osseo. L'evento si è verificato in Germania presso la clinica universitaria Charité di Berlino dove i medici hanno selezionato un donatore di midollo osseo con una specifica mutazione genetica richiesta per l'intervento. Questa mutazione, che si verifica nell'uno/tre per cento della popolazione, fornisce mezzi di protezione contro l'infezione da HIV, ha detto Hutter, ematologo alla clinica Benjamin Franklin. I medici tedeschi sono orgogliosi del risultato ottenuto, certamente sorprendente, ma mettono in guardia contro aspettative esagerate. Hutter ha inoltre sottolineato che si tratta di un caso speciale, e nessuna nuova terapia è al momento disponibile contro la malattia di deficienza immunitaria. Il caso del paziente era molto grave, è stato prima sottoposto ad una massiccia chemioterapia per combattere la leucemia e poi a trapianto di midollo osseo.
Ora sono più di 600 giorni che è guarito e non presenta più nelle cellule del sangue il virus dell'Hiv.
Ma, come, anticipato, medici e ricercatori tedeschi sono i primi a invitare a non crearsi illusioni, come dichiarato da Eckhard Thiel, direttore del Dipartimento di ematologia, oncologia e medicina trasfusionale presso la Charité, i trapianti di midollo osseo sono estremamente pericolosi e vanno effettuati solo nei casi di grave leucemia.
Il paziente, tra virgolette miracolato, ha 42 anni, proviene dagli Stati Uniti ma vive a Berlino e da quasi due anni è guarito. Si sono presentati in ottanta per la donazione del midollo osseo, e tra questi uno fondamentale con la mutazione genetica del CCR5 resistente all'infezione dell'Hiv.
Molti esperti sono però scettici in quanto affermano che non si può parlare di guarigione dall'infezione da Hiv poiché anche se il virus non è più presente nelle cellule del sangue sarebbe comunque rimasto nel corpo. Potrebbe nascondersi ovunque come nella milza, nei linfonodi o nelle cellule nervose.
L'esperto Brock Meyer ritiene che l'approccio degli specialisti di Berlino è stato molto intelligente e promettente ma sottolinea i rischi che derivano dal trapianto di midollo osseo e che è spesso difficile trovare un donatore compatibile, questo tipo di terapia potrebbe essere applicato in futuro solo a particolari tipi di pazienti.

http://www.italia-news.it/index.php?option=com_content&task=view&id=2858&Itemid=6

Su Google la mappa dei picchi di influenza

TECNOLOGIA & SCIENZA


Il motore di ricerca sostiene di potere prevedere con dieci giorni
di anticipo la formazione di un focolaio. Ma sarà vero?
Su Google la mappa
dei picchi di influenza
di VITTORIO ZAMBARDINO




Metti che siete negli Stati Uniti e vi preoccupa l'arrivo dell'infuenza, magari perché abitate in un posto a 100 chilometri dalla città o perché avete da lavorare. Ecco, non diciamo che basti cliccare sul Flu Tracker (il segui-influenza), non lo diciamo perché un click non è mai sufficiente per niente. Ma il Flu Tracker ci dice come stanno crescendo le ricerche con le parole relative alla sintomatologia del male di stagione, Non serve a niente? E mica tanto, lo strumento può essere utile al punto che ora l'azienda di Brin e Page l'ha messo, insieme ad una serie di elaborazioni piu raffinate, a disposizione delle autorità statali e federali.

In altre parole il motore di ricerca sostiene di poter prevedere i picchi della malattia anche 10 giorni prima rispetto a strutture specializzate, come i Centers for Diseases Control and Prevention (Cdc) americani.

La meraviglia è che qualcuno si meravigli dell'idea di Google. Che qualcuno addirittura si arrabbi, come hanno fatto i sostenitori delle più tradizionali metodiche di rilevazione: quella più usata garantisce risultati nel giro di giorni ed è fondata sul sistema di segnalazioni fornite da un campione significativo di medici dislocati sul territorio.

Le loro obiezioni sono state messe a tacere da un'osservazione elementare: Google Trends lavora in tempo reale. Ma in un paese che prende sul serio le statistiche e la previsione per il semplice motivo che l'influenza fa perdere milioni di giornate di lavoro e danneggia la salute collettiva e individuale, c'è posto per tutti. Visto che Google Trends è una meraviglia ma è molto lontana dall'essere perfetta.


Cosa misura Google Trends: è uno strumento dei google-labs che misura non le parole più ricercate in assoluto, ma quelle che subiscono i maggiori incrementi in un dato lasso di tempo. E - sfruttando altre funzionalità del motore - in una data area. Posso sapere se a Milano stanno cercando "febbre alta" e a che ora, in quali fasce orarie. Google Trends è solo uno dei modi del motore di trattare le parole, di capire cosa significano, dove vanno, cosa quelle ricerche ci stanno dicendo. E' perfetto, questo strumento?

No, non lo è, può essere anzi ingannato, come dimostrano molti colpi di goliardia tecnologica che si sono verificati nel corso degli anni (Google Trends è operativo dal 2004), ma il sistema diventa sempre più capace di riconoscere gli errori e sempre più raffinato.

C'è chi ha sollevato obiezioni relativamente alla privacy. Non c'è alcun dubbio che negli immensi data base del motore esistono le funzionalità giuste per sapere che vittorio zambardino alle 18,30 da Roma ha cercato le parole Flu Tracker. Ma, a parte il fatto che in questa occasione i dati vengono trattati come espressione di tendenze e di comportamenti collettivi, in questo caso il vantaggio sociale, e alla fine individuale, appare infinitamente superiore.

(12 novembre 2008)

http://www.repubblica.it/2007/12/sezioni/scienza_e_tecnologia/google-7/influenza/influenza.html

martedì 2 dicembre 2008

CANCRO: SCOPERTA PROTEINA OMOMYC

DAI RICERCATORI DEL CNR
CANCRO: SCOPERTA PROTEINA OMOMYC

Si potrebbe aprire uno spiraglio per una cura del cancro efficace e non soggetta ai pesanti effetti collaterali delle attuali terapie grazie a Omomyc, una piccola proteina creata da Sergio Nasi e Laura Soucek presso l'Istituto di Biologia e Patologia Molecolari del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma. "La proteina Myc e' protagonista nello sviluppo della gran maggioranza dei tumori nell'uomo ma e' stata sempre trascurata come bersaglio terapeutico, per due motivi", spiega Sergio Nasi dell'Ibpm del CNR. "Myc e' una sorta di direttore d'orchestra della crescita dei tessuti, anche di queli sani, e si pensava che la sua inibizione avesse effetti devastanti sull'organismo, uccidendo anche le cellule normali. Inoltre non c'erano prove che colpire Myc, cosa tutt'altro che facile, fosse efficace contro il cancro". Questa filosofia viene ora contraddetta da uno studio pubblicato su "Nature", frutto della collaborazione tra il gruppo del CNR ed il gruppo di Gerard Evan dell'Universita' di San Francisco, che mostra come l'inibizione di Myc possa invece rappresentare una terapia efficace e sicura. "Myc funziona cosi': prima si associa ad un'altra proteina chiamata Max, e poi il complesso Myc/Max interagisce con altre molecole sul DNA e regola l'attivita' di moltissimi geni". Per ostacolare l'associazione di Myc con Max, i ricercatori del CNR hanno preso una porzione di Myc, l'hanno modificata sostituendo quattro amino acidi in punti critici della proteina, ed hanno cosi' ottenuto un potentissimo inibitore di Myc: Omomyc. "Omomyc ostacola l'associazione di Myc con Max e ne ridirige l'attivita', trasformando Myc da molecola che provoca il cancro in una che lo sopprime". Nel lavoro pubblicato su Nature, i ricercatori hanno creato un sistema che ha permesso di accendere e spegnere a piacimento la produzione Omomyc, sia in topi da laboratorio sani sia in topi ammalati di cancro al polmone per effetto di alterazioni geniche. Si e' visto che, "sebbene l'inibizione di Myc in animali sani rallenti la proliferazione di tessuti in rapida rigenerazione come la pelle ed i villi intestinali, i topi continuano a godere di buona salute. Inoltre, tali effetti collaterali sono ben tollerati e rapidamente reversibili in quanto le anomalie spariscono rapidamente se si spegne Omomyc". Quindi l'inibizione di Myc e' ben tollerata. Ma qual'e' l'effetto di Omomyc sui tumori? I risultati sono molto soddisfacenti. "In presenza di Omomyc, non solo non si sviluppa piu' il cancro al polmone ma addirittura, se si accende questa proteina in topi che avevano precedentemente sviluppato il cancro al polmone, anche in stadi molto avanzati, i tumori regrediscono rapidamente fino a scomparire". Agendo su Myc, e' possibile fermare il cancro e dunque i risultati di questo studio pongono le basi per ricercare terapie con sempre minori effetti collaterali a danno dell'organismo del malato. (AGI) - Roma, 28 nov. -

http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200811281302-hpg-rsa0027-art.html

Secco no allo spinello libero in Svizzera

Referendum, sì all'eroina di stato
Secco no allo spinello libero in Svizzera
No alla depenalizzazione della cannabis, ma un chiarissimo sì alla politica di distribuzione di eroina sotto controllo medico per i tossicomani più dipendenti. Chiamati alle urne in un referendum, gli svizzeri hanno anche detto no con il 58,6% al pensionamento anticipato flessibile senza riduzione della rendita. A sorpresa, e con appena il 51,9 % di voti a favore hanno invece accettato l'iniziativa per l'imprescrittibilità degli atti pedofili, promossa dall'associazione ''Marche blanche''
In una densa domenica di referendum, è senza esitazione che gli svizzeri hanno confermato la politica pragmatica sulla droga promossa dal governo da oltre un decennio e basata su numerose misure di prevenzione, riduzione dei danni, repressione e terapie, programmi di prescrizione di eroina inclusi: l'apposita legge federale sugli stupefacenti e sulle sostanze psicotrope è stata infatti approvata chiaramente con il 68 % di voti favorevoli in tutti i cantoni. Bocciata invece con più del 63% di voti contrari l'iniziativa popolare per la depenalizzazione della cannabis. Il testo chiedeva di depenalizzare il consumo e la coltivazione di canapa per uso personale, per lottare contro la criminalità legata al traffico, conferendo nel contempo alla Confederazione il compito di regolarne produzione, importazione, esportazione e commercio e di proteggere i giovani. Per gli osservatori, gli svizzeri hanno dato prova di pragmatismo approvando una legge sugli stupefacenti già collaudata e respingendo quel salto nel vuoto costituito dalla depenalizzazione degli spinelli. Una scelta probabilmente figlia dell'esperienza nazionale e dei traumatici ricordi delle "scene aperte" della droga di Zurigo, così come erano chiamati i luoghi di ritrovo degli eroinomani.
http://unionesarda.ilsole24ore.com/mondo/?contentId=52832

AIDS: GIORNATA MONDIALE, 33, 2 MILIONI I MALATI

bambini colpiti dalla malattia sono 2,1 milioni
AIDS: GIORNATA MONDIALE, 33, 2 MILIONI I MALATI

AGI) - Roma, 30 nov. - Il primo dicembre e' la Giornata mondiale per la lotta all'Aids. Le stime del 2007 parlano di 33,2 milioni di persone colpite da Aids, di cui 2,1 milioni sono bambini di eta' inferiore ai 15 anni. Secondo i dati dell'Istituto superiore di sanita', aggiornati al 31 dicembre 2007, in Italia si verificano 4 mila nuove infezioni l'anno: dall'inizio dell'epidemia all'anno scorso sono 59.500 i malati di Aids: la regione in assoluto piu' colpita e' la Lombardia, mentre nell'ultimo anno il tasso d'incidenza piu' elevato e' stato quello del Lazio. In Italia vivono 24 mila persone con l'Hiv e i nuovi casi della popolazione straniera incidono per il 20% del totale. Attualmente la via di trasmissione del virus e' quasi esclusivamente quella sessuale: scende progressivamente, infatti, il numero dei tossicodipendenti che diventa sieropositivo, come il numero dei bambini che si infettano dalle madri. A Torino, presso il centro congressi Lingotto, si tiene il secondo meeting nazionale dell'associazione Nps (Network persone sieropositive). Secondo i dati di un sondaggio realizzato dalla Swg per conto di Nps, l'Aids sembra fare meno paura agli italiani: nel 1991, a dieci anni esatti di distanza dalle prime notizie sull'Hiv, gli italiani che la mettevano al primo posto tra le loro paure erano uno su cinque: ora, invece dopo diciassette anni, sono rimasti solo il 4,8. Dal 1987 al 2004 la Giornata e' stata organizzata dall'Unaids, l'organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa della lotta alla malattia; dal 2005 l'Unaids ha demandato la responsabilita' dell'organizzazione alla Wac (World Aids Campaign), organizzazione indipendente che ha scelto per la Giornata, fino al 2010, il tema sintetizzato dallo slogan "Stop Aids: keep the promise" (Fermare l'Aids: manteniamo la promessa). Sempre secondo il sondaggio commissionato da Nps, gli italiani considerano l'Aids il terzo fattore di morte nel mondo (mentre in realta' causa il 4,9% dei decessi), ma la temono come malattia solo il 6%. Inoltre, mentre il 64% ritiene che l'Aids abbia modificato la vita sessuale delle persone, solo il 25% dichiara di aver modificato le proprie abitudini sessuali. Come rivela il 69% degli intervistati, l'Aids non fa piu' notizia. La Lila (Lega italiana per la lotta all'Aids), associazione nata nel 1987, ribadisce la necessita', in una lettera aperta inviata nei giorni scorsi al sottosegretario Fazio, "di adeguate campagne informative, di garanzie concrete dei diritti delle persone sieropositive, di leggi che non discriminino ma facilitino la prevenzione", chiedendo che la Giornata dell'1 dicembre sia "un concreto richiamo all'azione e non un momento celebrativo". In questa giornata molte iniziative su tutto il territorio nazionale: l'Anlaids (Associazione nazionale per la lotta all'Aids), insieme ad altre associazioni, allestisce in tredici piazze italiane gazebo informativi dove verranno fornite corrette informazioni sulla trsmissione del virus e sul test. A Roma, in Campidoglio, il convegno "Stop Aids: mantieni la promessa", presso l'aula Giulio Cesare, con il sindaco Gianni Alemanno, il sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio e il professor Fernando Aiuti.

http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200811302032-hpg-rsa0007-art.html

Sindrome Down, in futuro possibili cure in utero

27/11/2008 - LA RICERCA

Sindrome Down, in futuro
possibili cure in utero




Grazie a proteine chiave, i piccoli delle cavie incinte alla nascita non presentavano problemi legati alla sindrome


Un esperimento sui topolini accende nuove speranze sulla possibilità di contrastare almeno in parte gli effetti della sindrome di Down ancora prima della nascita. A condurlo è stato un gruppo di ricercatori americani del National Institute of Health di Bethesda, come si legge su ’New Scientist’. La sindrome inibisce lo sviluppo delle cellule nervose di due proteine chiave, Nap e Sal, la causa di alterazioni nello sviluppo mentale.

Ma quando i ricercatori americani hanno iniettato le proteine chiave in alcune cavie incinte di topolini Down, i piccoli sono poi nati senza presentare i problemi legati alla sindrome. Un buon risultato, anche se gli esperti avvertono che non è garantito che il successo registrato nei topi sia replicato negli esseri umani. In genere i bimbi Down soffrono di alti tassi di problemi cardiaci e di sviluppo, e difficoltà di apprendimento di vario grado. In ogni caso, dopo lo studio Usa, le prospettive di prevenire alcuni dei danni causati nei bimbi Down dalla presenza di una copia extra di un cromosoma sembrano promettenti.

Nello studio, pubblicato su ’Obstetrics and Gynaecology’, si è visto che i piccoli, una volta nati, avevano uno sviluppo analogo a quello dei coetanei. Inoltre il cervello dei topolini trattati mostrava livelli normali di una proteina che è sottoprodotta negli animali Down. Ora i ricercatori stanno seguendo gli esemplari curati già nella pancia della mamma, per vedere se gli effetti positivi sono duraturi o addirittura permanenti. In ogni caso è ancora presto per dire se il trattamento potrà essere efficace anche sull’uomo.

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/scienza/grubrica.asp?ID_blog=38&ID_articolo=1055&ID_sezione=243&sezione=

Osteoporosi: 5 mln malati in Italia, con vitamina D prevenzione a 1 euro

Osteoporosi: 5 mln malati in Italia, con vitamina D prevenzione a 1 euro


ultimo aggiornamento: 24 novembre, ore 18:17
Roma, 24 nov. (Adnkronos Salute) - Cinque milioni di italiani rischiano fratture per la perdita di massa ossea provocata dall'osteoporosi. Eppure, per avere uno scheletro sano basterebbe assumere un grammo di calcio al giorno accompagnato dalla giusta dose di vitamina D, grazie alla quale il nostro organismo assorbe le sostanze contenute nel latte e in altri alimenti. "Quando ero assessore alla Salute nel Veneto ho introdotto la possibilità di effettuare due iniezioni di vitamina D all'anno per le donne a maggior rischio di fratture. E si tratta di un esempio che si potrebbe seguire al costo di solo un euro a fiala". A dirlo è stato il sottosegretario al Welfare Francesca Martini, partecipando oggi a Roma alla cerimonia di assegnazione del premio Aila per la lotta contro l'artrosi e l'osteoporosi 'Progetto Donna', conferito ad attori, giornalisti, politici, medici e registi che si sono distinti con la loro attività a favore della donna.

"Oggi in Italia - ha ricordato Martini - due terzi delle donne fanno prevenzione attraverso gli screening. C'è dunque un terzo che ancora deve essere coinvolto. Ma negli ultimi anni è cresciuto molto il livello di consapevolezza e anche dei servizi dedicati alla prevenzione, con una medicina di genere che è tutta da scoprire. I programmi dedicati alle donne poi hanno particolare importanza, perché se si ammala una madre o una moglie viene meno il suo essenziale sostegno alla famiglia. Le politiche a favore della donna sono dunque politiche a favore della società e l'impegno deve essere anche quello di spostare sul territorio risorse finora investite male nell'assistenza ospedaliera, che rappresenta la fase acuta della malattia. Occorre una capacità di risposta ai bisogni dei pazienti per far fronte ai fattori di rischio e all'avanzamento della longevità".

"L'Organizzazione mondiale della sanità - ha sottolineato la senatrice Laura Bianconi (Pdl) - stima che entro il 2050 saranno 24 milioni le persone colpite da osteoporosi. Ma in Italia manca ancora un registro prime fratture. In Senato stiamo portando avanti un discorso bipartisan con una mozione che, oltre a fotografare la situazione attuale, inserisca iniziative finalizzate alla diagnosi di questa malattia". A ricevere il premio Aila 2008, giunto alla sua settima edizione, sono stati fra gli altri lo stesso sottosegretario Martini, l'etoile Carla Fracci, il direttore di 'Gente' Monica Mosca, il professor Franco Chimenti, preside della Facoltà di Farmacologia dell'università La Sapienza di Roma, il ministro delle Politiche agricole Luca Zaia, il direttore generale del ministero del Welfare Daniela Rodorigo, il vicepresidente della Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica Matteo Marzotto, gli attori Lola Ponce e Vincenzo Salemme, il giornalista Michele Cucuzza e la presentatrice Sonia Grey.

http://www.adnkronos.com/IGN/Salute/?id=3.0.2742521731

Allarme Ocse: troppi medici, pochi infermieri

Allarme Ocse: troppi medici, pochi infermieri
In Italia troppi medici e pochi infermieri. La situazione è stata portata all’attenzione dell’opinione pubblica con la pubblicazione del Rapporto Ocse 2008 sulle risorse umane in ambito sanitario sul sito del centro di epidemiologia dell’Istituto superiore di Sanità (Iss).



Secondo i dati rilevati dall’Ocse in Italia vi è il più alto numero al mondo di medici per abitante. Nel 2005 vi erano più di 600 medici ogni 100 mila abitanti. I medici iscritti alla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri (Fnomceo) sono più di 370 mila. Un terzo di questi lavora negli istituti pubblici. Nel settore pubblico la strada per i giovani medici è sbarrata a causa di una elevata competizione tra medici più vecchi.



L’Ocse denuncia la carenza di infermieri nel nostro Paese. Nel 2006 secondo la Federazione nazionale dei collegi degli infermieri vi era un deficit di personale del 15%. Questo deficit di personale infermieristico secondo l’Ocse potrebbe essere colmato con “l’assunzione di personale proveniente dall'estero”. La situazione però è più delicata se si pensa che altri Paesi occidentali offrono salari e condizioni lavorative molto migliori rispetto a quelle offerte nel Belpaese.



Domenico Giampetruzzi



http://www.dottorsport.info/modules/article/view.article.php?12351

L'INFLUENZA E' ARRIVATA IN ITALIA

A dare conferma dello «sbarco» è stato l'isolamento del virus in tre persone da parte del Laboratorio dell'Università di Parma.
Secondo gli specialisti l'epidemia influenzale si prevede quest'anno particolarmente intensa, con circa 7 milioni di italiani costretti a letto già dal periodo natalizio (praticamnente l'8 per cento della popolazione). C'è da dire che ogni anno si registrano circa 8.000 decessi attribuibili alle complicanze della malattia.
Fortunatamente c'è già un antidoto: la vaccinazione che, come ha ricordato il sottosegretario alla Salute Ferruccio Fazio, è possibile effettuare sino alla fine di dicembre.

Colpirà tra i 5 e i 7 milioni di persone entro Natale. Per prevenirla c'è un vaccino
L'influenza sbarca in Italia
È l'australiana. Isolati 3 casi

Marino Collacciani
m.collacciani@iltempo.it
Come gli uragani anche l'influenza di stagione si fregia ogni anno di un appellativo, più o meno accattivante. Quest'anno si chiama «Australiana» è da ieri è ufficialmente arrivata in Italia.





Tornando campioni esaminati dal Laboratorio, precisa il ministero del Welfare, sono stati prelevati da 3 soggetti: un bambino di 5 anni, una donna di 35 anni e suo figlio di 2 anni, tutti non vaccinati. Dalle prime indagini, i 3 ceppi isolati appartengono alla nuova variante antigenica A/Brisbane/10/07 contenuta nel vaccino antinfluenzale 2008-2009.
L'influenza, spiega la Simg (Società italiana di medicina generale), non ha solo costi sanitari, ma anche sociali: nel 2006 oltre 4.800.000 lavoratori si sono assentati per uno o più giorni a causa dell'influenza, per un totale di circa 32.275.000 giornate di assenza che sono costate oltre 2.860.000.000 di euro.
Il Ministero prevede la vaccinazione gratuita per una serie di categorie a rischio. Tra queste, anziani over-65 e malati cronici. Vaccino gratuito anche per le forze di polizia e vigili del fuoco.
I sintomi, sottolinea il segretario della Federazione dei medici di famiglia (Fimmg), Giacomo Milillo, sono quelli classici: febbre, dolori muscolari, infiammazione delle vie respiratorie e tosse. Sintomi che, avverte, «la maggior parte delle persone può superare con il riposo e il ricorso a farmaci antipiretici e antifebbre». Gli antibiotici, conclude l'esperto, vanno invece usati con cautela.


21/11/2008

http://iltempo.ilsole24ore.com/interni_esteri/2008/11/21/954678-influenza_sbarca_italia.shtml

il primo trapianto di trachea

Spagna, medico italiano esegue
il primo trapianto di trachea

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MADRID (19 novembre) - Una paziente colombiana di 30 anni è stata sottoposta con successo al primo trapianto di trachea al mondo, realizzato all'Hospital Clinic di Barcellona da un'equipe diretta dal professore Paolo Macchiarini, responsabile del servizio di Chirurgia toracica dell'ospedale, alla quale hanno preso parte specialisti del Politecnico di Milano e delle università di Padova e Bristol.

Il trapianto di trachea, realizzato con successo e per di più senza che la paziente sia stata sottoposta a terapia farmacologica di immunosoppressori, è documentato in uno studio pubblicato oggi dalla rivista scientifica The Lancet. A causa di una diagnosi tardiva di tubercolosi, la donna, Claudia Castello, madre di due figli di 15 e 4 anni, ha rischiato di perdere anche un polmone, per l'ostruzione della trachea.

Per ottenere che il sistema immunitario della donna accettasse l'organo senza necessità di somministrazione di farmaci immunosoppressori, gli specialisti guidati dal medico italiano Paolo Macchiarini hanno fatto ricorso all«'ingegneria dei tessuti», realizzando un organo su misura, prodotto di un ibrido fra il donatore e le cellule madri della paziente. Claudia Castillo è stata sottoposta all'intervento nel giugno scorso ed ha recuperato completamente la funzionalità dell'organo. Il donatore è stato un uomo di 51 anni, morto per un'emorragia cerebrale.

Per i ricercatori l'intervento rappresenta un successo eccezionale: «Il trattamento con farmaci immunosoppressori alla lunga può compromettere la salute del paziente», ha spiegato il professore Macchiarini in dichiarazioni ai media. «Questo metodo che si è rivelato efficace si potrebbe applicare ad altro organi tutori, come il colon o l'esofago, producendo grandi risultati».
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=35117&sez=HOME_SCIENZA

Prendersi cura dei bambini malati, rispettarli

Cure, Ratzinger ammonisce sui rischi dello sperimentalismo
Il Papa invita il mondo
al rispetto dei bimbi malati

Rodolfo Lorenzoni

Prendersi cura dei bambini malati, rispettarli. Aiutarli con amore nel momento della sofferenza, trattandoli con tenerezza e solidarietà. E trovare un giusto equilibrio tra insistenza e desistenza terapeutica, quando la ricerca medica si trova ad affrontare le scelte più difficili.


Proprio nei giorni in cui il dramma di Eluana Englaro sembra consumarsi, Benedetto XVI interviene sugli scottanti temi delle cure e della sperimentazione sanitaria. Per ribadire il suo imperativo: nell'accudire i piccoli malati si ha il dovere di offrire il massimo della competenza a disposizione dei ricercatori scientifici. Ma tenendo sempre conto del valore supremo della vita umana.
L'occasione è stta costituita dalla Conferenza internazionale organizzata dalla Pastorale della salute. Così il Papa, ricevendo i partecipanti al congresso, ha ammonito: «La ricerca medica si trova talora di fronte a scelte difficili quando si tratta, ad esempio, di raggiungere un giusto equilibrio tra insistenza e desistenza terapeutica per assicurare quei trattamenti adeguati ai reali bisogni dei piccoli pazienti, senza cedere alla tentazione dello sperimentalismo».
Attenzione a non abusare delle risorse medico-scientifiche, ha quindi affermato con fora Papa Benedetto XVI: è la scienza al servizio dell'uomo, non l'uomo succube della scienza. Tanto che, spiega il Pontefice, «al centro di ogni intervento medico deve esserci sempre il conseguimento del vero bene del bambino, considerato nella sua dignità di soggetto umano con pieni diritti».
Perché tutto questo possa accadere, ossia affinché anche nel campo della scienza e della sanità pubblica vengano difesi i valori non negoziabili, è necessario che in politica i cattolici facciano sentire la propria voce, sempre di più e sempre meglio. E il Papa, rivolgendosi al Pontificio Consiglio per i Laici, ha invocato quindi la formazione di «una nuova generazione di cattolici impegnati nella politica, che siano coerenti con la fede professata, che abbiano rigore morale, capacità di giudizio culturale, competenza professionale e passione di servizio per il bene comune». Il cattolico deve insomma essere inflessibilmente legato ai principi del suo credo anche e specialmente quando dona alla comunità la sua opera politica.
Il dato dell'infanzia violata è, in effetti, impressionante: ogni anno muoiono 4 milioni di bambini prima di compiere il ventiseiesimo giorno di vita. Rispetto a questa tragedia mondiale i recenti progressi della medicina sono certo apprezzati dalla Chiesa, ma secondo Benedetto ciò che conta è che «l'aspetto sanitario e quello umano non siano mai dissociati, perché il malato, in modo speciale il bambino, comprende particolarmente il linguaggio della tenerezza e dell'amore».
La Chiesa non dimentica, dice il Papa; mai si esime dall'assistere «i piccoli orfani o abbandonati a causa della miseria, della fame e della disgregazione familiare, i fanciulli vittime innocenti dell'Aids o della guerra e dei tanti conflitti armati in atto in diverse parti del mondo». Ma lo stesso devono continuare a fare le Nazioni più ricche, inserendo la difesa dell'infanzia tra i capisaldi dei programmi politici internazionali.



16/11/2008



http://iltempo.ilsole24ore.com/interni_esteri/2008/11/16/952487-papa_invita_mondo.shtml

I BAMBINI OBESI HANNO LE ARTERIE SIMILI AI 45ENNI

I BAMBINI OBESI HANNO LE ARTERIE SIMILI AI 45ENNI



bambini obesi rischiano di sviluppare malattie cardiache tanto quanto un 45enne. A sostenerlo e' stata Geetha Raghuveer del Children's Hospital del Kansas, che ha coordinato uno studio presentato a New Orleans in occasione di una conferenza dell'American Heart Association. In pratica, i medici hanno utilizzato l'ecografia per osservare lo stato di salute delle arterie di 70 bambini di eta' compresa tra i 10 e i 16 anni. Quasi tutto il campione era obeso e aveva problemi di colesterolo. I ricercatori hanno cosi' cercato di misurare lo spessore delle arterie dei soggetti giovani. Anche se nessuno sa qual e' la misura adeguata dell'arteria di persone cosi' giovani (perche' in genere non vengono sottoposti a controlli per malattie cardiovascolari), i ricercatori hanno subito notato che un'anomalia c'era. Si', perche', secondo i ricercatori, di certo i bambini non dovrebbero avere l'arteria simile a quella degli adulti. E molti soggetti del campione hanno presentato questa anomalia. Per questo i ricercatori hanno concluso che l'obesita' metterebbe bambini e adulti sullo stesso piano, almeno per quanto riguarda la possibilita' di sviluppare malattie cardiovascolari.

http://salute.agi.it/primapagina/notizie/200811141301-hpg-rsa0028-art.html

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In una conferenza dell’American Heart Association che si è tenuta a New Orleans sono stati esposti i gravi rischi che corrono i bambini obesi, che possono essere vittima di malattie cardiovascolari come gli uomini di mezz’età.



A dirlo è stata Geetha Raghuveer del Children’s Hospital dello stato del Kansas dove i medici hanno condotto una apposita ricerca che ha portato alla scoperta di queste situazioni. E’ stata fatta una ecografia alle arterie di settanta ragazzi, tutti obesi e con alti livelli di colesterolo, tra i dieci e i sedici anni con lo scopo di misurarne lo spessore. Per la verità non si sa ancora quale sia il corretto valore di spessore delle arterie di soggetti così giovani perché di solito non vengono fatti su di loro controlli del genere ma i dottori hanno notato che qualcosa non andava. Le loro arterie, dal punto di vista dello spessore, sono infatti simili a quelle degli adulti. Questo ha portato i medici alla conclusione che i bambini con problemi di colesterolo e sorvappeso vanno incontro alle stesse malattie degli adulti.



Alessio Morrone



http://www.dottorsport.info/modules/article/view.article.php?12310

Muscoli, bersagli primari SLA

6 Novembre 08Medicina e biotech | SLA
Muscoli, bersagli primari
Uno studio italiano dimostra che le cellule muscolari, e non solo i motoneuroni, sono colpiti in modo diretto della proteina mutata che causa la malattia


I muscoli, e non solo i neuroni che controllano il movimento, sono i primi bersagli della forma ereditaria di sclerosi laterale amiotrofica (Sla). Lo dimostra uno studio condotto da Antonio Musarò del dipartimento di Istologia ed Embriologia medica dell’Università “Sapienza” di Roma, finanziato da Telethon (Italia) e dalla Mda-Muscular dystrophy association (Usa), appena pubblicato su Cell Metabolism.

La Sla è una malattia degenerativa progressiva delle cellule nervose. Secondo i dati riportati dall’Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica), la malattia colpisce prevalentemente individui sopra i 20 anni, di entrambi i sessi e con maggiore frequenza dopo i 50 anni. In Italia si contano circa sei ammalati ogni 100 mila abitanti.

La degenerazione dei motoneuroni sembra essere originata dalla mutazione del gene SOD1 che produce la proteina superossido dismutasi, un potente antiossidante che “pulisce” le cellule dai radicali liberi. La mutazione del gene rende però la proteina corrispondente tossica per le cellule. Gli effetti della mutazione non ancora sono chiari, né lo sono i meccanismi con cui il gene mutato opera.

La nuova ricerca mostra per la prima volta che i muscoli scheletrici - e non solo i motoneuroni - sono il bersaglio primario dell'effetto tossico della proteina mutata. I ricercatori hanno modificato geneticamente un topo in modo tale che SOD1 agisse esclusivamente sui muscoli volontari. Come risultato si è osservata la progressiva atrofia dei muscoli e la comparsa di altri sintomi della malattia, senza che nessuno dei motoneuroni fosse interessato dal processo degenerativo. (i.n.)

http://www.galileonet.it/news/10776/muscoli-bersagli-primari

Una rivoluzionaria diagnosi per-concepimento evita le indagini sull'embrione

Una rivoluzionaria diagnosi per-concepimento evita le indagini sull'embrione



7/11/2008 - L'ANNUNCIO AL CONGRESSO DEI GINECOLOGI: «FRUTTO DI RICERCHE PRIVATE, L'UNIVERSITÀ NON HA FONDI»

Nasce il bebè "politicamente corretto"


DANIELA DANIELE

ROMA
E’ una femminuccia ed è nata, a ottobre, a Rieti. Una bimbetta sana, concepita con una tecnica di procreazione assistita destinata a gettare un ponte tra scrupoli etici ed esigenza scientifica.

Non c’è stata quell’indagine sull’embrione che fa accapponare la pelle al mondo cattolico, ma la certezza «al 99,9 per cento» di far nascere una creatura sana i genitori l’hanno avuta lo stesso. La loro esperienza, fanno sapere i ginecologi riuniti a Roma nel loro annuale congresso, è per ora unica al mondo. E potrebbe anche ridurre il turismo della cicogna all’estero, dove le leggi sono meno restrittive. Il merito è tutto di una ricerca italiana.

Si chiama «Diagnosi genetica pre-concepimento». Realizzata da ricercatori romani, consente alle coppie portatrici di malattie genetiche o cromosomiche di concepire figli sani, in provetta, senza ricorrere a quello che è ed è stato uno dei punti più discussi della legge 40 sulla fecondazione assistitita: la selezione dell’embrione. L’annuncio è stato dato da Massimo Moscarini, presidente dei ginecologi universitari (Agui), Francesco Fiorentino, biologo molecolare, direttore del Laboratorio Genoma di Roma, e Donatella Caserta, dell’Università La Sapienza, che hanno elaborato la metodica.

Come funziona? Il procedimento consiste nello studio dell’ovocita, prima che sia fecondato dallo spermatozoo. Con questa tecnica si aiutano le coppie nelle quali la donna è portatrice di malattie genetiche come talassemia, la fibrosi cistica e la distrofia muscolare oppure in quelle dove la donna, vista l’età avanzata, rischia di concepire un figlio con la sindrome di Down.

Soltanto nel caso l’aspirante mamma abbia questi problemi è possibile agire? «Sì - risponde il professor Moscarini -. Ma parliamo di una situazione che riguarda il 95 per cento dei casi di patologie genetiche». Si potrà fare la stessa cosa con gli spermatozoi? «Per ora è tecnicamente impossibile. Verrebbero distrutti».

La metodica, però, non è ancora a disposizione della Sanità pubblica. «Purtroppo - continua il ginecologo - l’Università non ha fondi per questa ricerca e quindi dobbiamo ricorrere ai privati. Ma il nostro scopo è proprio quello di renderla, al più presto, alla portata di tutti».

Francesco Fiorentino e Donatella Caserta spiegano, poi, che la diagnosi genetica pre-concepimento mira a a selezionare gli ovociti nei quali sia assente l’anomalia genetica materna, in modo da produrre embrioni sani. «Questo procedimento - dice Fiorentino - è realizzato eseguendo l’analisi genetica dell’ovocita, mediante biopsia del primo globulo polare (1PB), prima della sua fertilizzazione, e quindi prima che si sia formato l’embrione. Con tale procedura possono essere diagnosticati tutti i tipi di malattie genetiche e cromosomiche a trasmissione materna».

La legge 40 impedisce la selezione a fini eugenetici e cioè non consente di selezionare gli embrioni che dovessero risultare affetti da malattie genetiche. Un pesante handicap per quelle coppie che rischiano di procreare figli non sani e che, spesso, decidono di recarsi all’estero, principalmente in Spagna, in centri dove, invece, la diagnosi e la selezione degli embrioni sono consentite.


http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/scienza/grubrica.asp?ID_blog=38&ID_articolo=1027&ID_sezione=243&sezione=News

Droghe, aumenta consumo in Italia

Droghe, aumenta consumo in Italia
Dossier Ue, tra i primi per cocaina
Aumenta il consumo di cocaina in Europa e il primato spetta all'Italia. Il Bel Paese, negli ultimi 12 mesi, ha registrato il più alto abuso di "polvere bianca", con il 3,2% dei giovani tra i 15 e i 34 anni. Quanto allo spinello, insieme alla Spagna, in Italia nell'ultimo anno è stato fumato dall'11,2% delle persone tra i 15 e i 64 anni. Sono i dati dell'Agenzia europea delle droghe (Oedt) che ha presentato la sua relazione annuale.

Le statistiche, avverte l'organismo con sede a Lisbona, rivelano tuttavia un quadro estremamente variegato in termini di prevalenza, tendenze e sviluppi del mercato. Rimangono stabili, se non addirittura in calo, infatti, sostanze stimolanti come le anfetamine, l'ecstasy.

"Polvere bianca"
Il consumo di polvere bianca in Europa è in costante aumento. Secondo l'Oedt crca 3,5 milioni di giovani europei (15-34 anni) ne hanno fatto uso nell'ultimo anno e circa 1,5 milioni nell'ultimo mese. Sette Paesi segnalano una tendenza in aumento del consumo nell'ultimo anno emersa da recenti studi (2005-2007). Negli Stati ad alta prevalenza, ossia Italia, Danimarca, Spagna, Irlanda e Regno Unito, i dati relativi all'ultimo anno tra i giovani adulti oscillano dal 3% al 5,5%. In Italia, il 3,2% della popolazione tra i 15 e i 34 anni ha consumato cocaina negli ultimi 12 mesi. Dati peggiori si incontrano solo in Spagna (5,2%) e nel Regno Unito (5,4%).

Il primato della cannabis
Quanto alla cannabis, quasi un quarto di tutti gli europei, pari a circa 71 milioni (15-64 anni), ne ha fatto uso almeno una volta nella vita e circa il 7% (23 milioni) l'ha consumata nell'ultimo anno, confermandola come la sostanza illecita più utilizzata in Europa. Tuttavia, in alcuni importanti mercati, afferma l'Oedt, si vanno rafforzando i segnali di un calo di popolarità. Il rapporto indica inoltre che circa 2 milioni di giovani europei (15-34 anni) hanno provato le anfetamine nell'ultimo anno e circa 2,5 milioni l'ecstasy. L'Oedt indica per l'ultimo anno una tendenza stabile, se non addirittura in diminuzione, nell'uso di anfetamine da parte di questa fascia di popolazione rispetto al 2003, con una media dell'1,3% dei giovani adulti che dichiara di farne uso una volta l'anno.

Anche il consumo di ecstasy da parte dei giovani adulti nel corso dell'ultimo anno è rimasto in larga misura stabile rispetto al quinquennio precedente, sebbene con lievi variazioni al rialzo o al ribasso. In media, l'1,8% dei giovani adulti ha dichiarato di aver fatto uso di ecstasy nell'ultimo anno, sebbene tale dato non lasci intravedere le notevoli diversità da Paese a Paese.

Il boom delle vendite on line
Il rapporto segnala infine un vero e proprio boom incontrollato di negozi on line che propongono la vendita di droghe sintetiche altamente dannose per la salute. "Il numero complessivo di vendite effettuate attraverso internet - si legge nel dossier - mette a dura prova le politiche di contrasto alla droga e i meccanismi di controllo a livello nazionale e internazionale".



http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo432307.shtml

MANCINI PIU' INIBITI, SU LORO PESA GIUDIZIO ALTRUI

» 2008-11-04 15:09
MANCINI PIU' INIBITI, SU LORO PESA GIUDIZIO ALTRUI
ROMA - Più creativi, più intelligenti, 'speciali' forse anche perché fin da piccoli si trovano a fare i conti con un 'mondo per destri', i mancini hanno però un freno in più rispetto a chi è di mano destra: sono più inibiti, quando devono fare una cosa tendono ad essere incerti, vacillare, forse perché troppo severi con loro stessi, hanno paura di commettere errori e sono molto condizionati dalle critiche al loro operato. E' il ritratto che emerge da uno studio pubblicato sulla rivista Personality and Individual Differences, che sottolinea quindi un 'punto' a favore dei destrimani i quali, più impulsivi e meno 'complessati', si fanno di certo meno problemi e sono meno proni all'ansia. Mancina lei stessa e convinta di rispecchiare in pieno i risultati del suo lavoro, l'autrice dello studio è Lynn Wright, una psicologa del comportamento presso la University of Abertay Dundee, in Gran Bretagna. I mancini da sempre suscitano la curiosità degli scienziati, non fosse altro perché rispetto ai destrimani sono 'animali rari' e quindi interessanti da studiare. Il mancinismo deriva dalla dominanza dell'emisfero destro ed è proprio in questa metà del cervello che sembra risieda il controllo delle emozioni negative.


http://www.ansa.it/opencms/export/site/visualizza_fdg.html_814892630.html

Diete e creme antiossidanti non rallentano l'invecchiamento

lunedì 01 dicembre 2008

Diete e creme antiossidanti non rallentano l'invecchiamento

Secondo uno studio scientifico, diete e creme antiossidanti potrebbero non rallentare l'invecchiamento. La ricerca, condotta dal team della University College di Londra, ha evidenziato che non vi è nessuna prova certa dell'effetto di rallentamento dell'invecchiamento dovuto all'utilizzo di antiossidanti, uno dei prodotti principali dell'industria cosmetica e salutista.

Gli studiosi hanno analizzato i nematodi, vermi cilindrici, i quali anche se hanno un forte potere antiossidante per far fronte ai danni provocati dai radicali liberi, non vivono tanto a lungo.
L'utilizzo di antiossidanti si basa su una vecchia teoria. Nel '56, infatti, fu osservato che l'invecchiamento era causato dall'accumulo di danni molecolari causati da forme reattive dell'ossigeno, chiamato superoxides (radicali liberi), che circola nel corpo. Questo fenomeno è noto come Stress ossidativo.
Gli antiossidanti, si supponeva, avevano un'azione di riduzione al minimo dei danni provocati dai radicali liberi.
Questo studio potrebbe ora dimostrare perché i tanti tentativi a sostegno di quella teoria sono stati inconcludenti.

Il piccolo verme nematode, nonostante sembra essere lontano dalla specie umana, è un utile strumento per gli scienziati che vogliono esplorare come lavorano i nostri corpi. I nematodi hanno una durata di vita misurata in giorni e ciò consente agli scienziati di ottenere indicazioni circa i cambiamenti a lungo termine.

Il team di ricercatori, guidato dal dottor David Gems (esperto in biologia dell'invecchiamento della popolazione), ha manipolato geneticamente i nematodi in modo che i loro corpi sono stati in grado di spazzare via l'eccedenza di radicali liberi. Questo in teoria, dovrebbe dare loro un vantaggio rispetto ai normali nematodi, in termini di invecchiamento e di vita.
Tuttavia, questi vermi così come modificati sono riusciti a vivere appena un po' più a lungo degli altri, suggerendo che lo stress ossidativo non è poi un fattore così rilevante nel processo di invecchiamento.

Simili esperimenti effettuati sui topi negli Stati Uniti sono giunti alla stessa conclusione.

Il Dr Gems ha dichiarato che si sa ancora poco dei meccanismi che provocano l'invecchiamento ed è chiaro che, se i radicali liberi sono coinvolti, questi hanno comunque un ruolo minimo e che i danni ossidativi non sono la principale causa dell'invecchiamento.
Secondo Gems "mantenere una vita sana ed equilibrata è importante per ridurre il rischio di malattie da invecchiamento, come cancro, Diabete e Osteoporosi, ma non c'é la prova che mangiare antiossidanti rallenti o prevenga l'invecchiamento. Qualsiasi aggiunta di vitamine per prevenire l'invecchiamento avrà scarsi effetti".

http://www.italia-news.it/index.php?option=com_content&task=view&id=3029&Itemid=6

lunedì 1 dicembre 2008

GLI ANTIOSSIDANTI NON RALLENTANO L'INVECCHIAMENTO

Antiossidanti, la scienza fa retromarcia:
non rallentano l'invecchiamento


ROMA (1 dicembre) – Tutte quelle creme ricche di antiossidanti, così come pillole e diete varie utilizzate per combattere i segni del tempo non sono efficaci. La notizia non è un passa parola improvvisato, ma il frutto di uno studio di ricercatori inglesi che hanno usto un piccolo verme con molti geni in comune con l'uomo.

La ricerca condotta da un team di studiosi dell'University College di Londra lancia il contrordine: pubblicata sulle pagine della rivista Genes and Development, dimostra che il pieno di antiossidanti non è in grado di contrastare il danno causato ai tessuti dai cosiddetti radicali liberi. Da qui la “sentenza” dei ricercatori: non è emersa «alcuna prova evidente», scrivono senza troppi giri di parole, che gli antiossidanti siano in grado di rallentare l'invecchiamento. Scardinando così uno dei pilastri dell'industria della bellezza e della salute, costruito sulla base di una teoria formulata oltre mezzo secolo fa.

Nel 1956, infatti, si giunse alla conclusione che l'invecchiamento fosse causato da un accumulo di danno molecolare causato da forme reattive dell'ossigeno, chiamate superossidi o radicali liberi, che circolano nell'organismo generando il cosiddetto stress ossidativo. La teoria ipotizzava che gli antiossidanti riuscissero a mettere in parte fuori gioco i radicali liberi, limitando i danni. Gli studiosi però sottolineano come a sostegno di questa teoria, condivisa per decenni, non siano mai state trovate vere prove scientifiche.

Il team di studiosi guidati da David Gems ha quindi manipolato geneticamente i piccoli vermi, i nematodi, in modo che i loro organismi fossero in grado di liberarsi dei radicali liberi in eccesso. Ciò doveva in teoria permettere ai piccoli invertebrati di ottenere vantaggi in termini di minore invecchiamento e maggiore durata della vita, che in questi animali si traduce in pochi giorni. Ma i vermi modificati geneticamente sono invecchiati e vissuti tanto quanto gli altri, non guadagnando terreno dall'uscita di scena dei radicali libero in eccesso, e suggerendo dunque che lo stress ossidativo non fosse poi un fattore così cruciale nell'invecchiamento delle cellule e nella loro morte.

«La teoria dei radicali liberi - afferma Gems - ha riempito un vuoto di conoscenze che va avanti da 50 anni, ma senza riuscire a raccogliere evidenze e prove al riguardo. È chiaro che anche se il superossido è coinvolto, ha solo una piccola parte: il danno ossidativo non è uno dei fattori principali dietro il processo di invecchiamento». Secondo lo scienziato, è giusto seguire una dieta sana, anche per contrastare malattie come il cancro, il diabete e l'osteoporosi. Tuttavia, non nasconde, non ci sono evidenze tali da indurci a fare il pienone di pillole antiossidanti, né di creme che contengono tali sostanze.

http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=36569&sez=HOME_SCIENZA

Caffeina in gravidanza, mai più di 200 mg al giorno

Caffeina in gravidanza, mai più di 200 mg al giorno


Quasi un anno di valutazione per definire le nuove linee-guida relative all’assunzione di caffeina durante la gravidanza, senza rischi per il futuro del bimbo che si ha in grembo. Alla fine si è stabilito che la dose raccomandata non deve superare i 200 mg al giorno, pari a 2-3 tazzine di caffè espresso.



Fino a ieri, per le irriducibili del caffè, anche se in dolce attesa, era permesso di non oltrepassare i 300 mg di caffeina al giorno, pari, parlando di tazzina di espresso all’italiana, a circa 4-5 tazzine (facendo una media visto che il contenuto di caffeina varia a seconda che si tratti di pura Arabica, di Robusta o delle miscele delle due varietà, come spesso si trova al bar), o a due tazze e mezzo di caffè all’americana.

“La comunità scientifica italiana molto prudentemente", commenta Amleto D’Amicis, epidemiologo e Membro del Gruppo di Studio sul Caffè della Fo.S.A.N. (Fondazione per lo Studio degli Alimenti e della Nutrizione), "aveva sempre comunque raccomandato di non superare, se in stato interessante, le tre tazzine di espresso al giorno (quindi una dose molto minore di caffeina) e di rivolgersi, se proprio non se ne poteva fare a meno, al caffè decaffeinato”.

Ecco le tappe principali che hanno segnato questo cambiamento: 31 gennaio 2008. La Food Standards Agency (FSA) sponsorizza due studi: il primo atto a determinare quanto ci sia di rischioso per il feto qualora la madre introduca caffeina nella dieta giornaliera, il secondo idoneo ad accertare, con il consumo di caffeina, quanto la possibile alterazione del metabolismo della stessa incida sulla gravidanza. Allo stesso tempo e indipendentemente dall’FSA, il Committee on Toxicity of Chemicals in Foods e il Consumer Products and Environment conducono una rassegna di tutti i dati disponibili includendo anche nuovi studi scientifici.

5 febbraio 2008. Gli organismi sopracitati si riuniscono per discutere quanto possa incidere la caffeina sulla gravidanza analizzando i dati a disposizione insieme ai risultati preliminari dei due studi commissionati dall’FSA. Fino a quel momento non emergono sufficienti motivi per abbassare il consumo di caffeina giornaliero. I 300 mg al giorno continuano pertanto ad essere valutati “sani”. Necessitano ancora approfondimenti e valutazione di ulteriori dati statistici. Nel medesimo periodo anche il March of Dimes (USA) aveva deciso di suggerire una minore introduzione di caffeina alle donne in gravidanza: da 300 a 200 mg. Mentre l’IFIC (International Food Information Council) manteneva inalterata la sua posizione riferendosi alle numerose ricerche scientifiche che sostenevano un limite massimo di 300 mg – come consumo moderato – includendo sia le donne in dolce attesa sia quelle in allattamento.

3 novembre 2008. La FSA, dopo lunga, approfondita e attenta analisi di tutti i dati scientifici disponibili, riduce il livello di caffeina a 200 mg giorno. Nulla da eccepire per il decaffeinato che può regalare lo stesso piacere senza creare problemi.

Fonte: Ufficio stampa FoSAN 2008.



http://it.notizie.yahoo.com/25/20081104/thl-caffeina-in-gravidanza-mai-piu-di-20-bd646f4.html

Ictus: spesso è curabile

Ictus: spesso è curabile
Una campagna di sensibilizzazione

Ogni anno muoiono in tutto il mondo oltre sei milioni di persone a causa dell’ictus cerebrale. In Italia sono colpiti circa 200mila pazienti all’anno, di questi circa 40mila muoiono entro breve tempo e altrettanti perdono la loro autosuffucienza. Tradotto in termini economici tutto questo significa 3,7 miliardi di spesa per garantire l’assistenza a questi malati, pari allo 0,25% del prodotto interno lordo italiano. Un altro dato drammatico è la diminuzione significativa dell’età dei pazienti colpiti. Eppure, l’ictus cerebrale è una catastrofe in larga misura prevedibile e anche curabile.

La Stroke Alliance for Europe (SAFE), organizzazione che riunisce 20 Associazioni di pazienti colpiti da ictus in 17 Paesi europei. ha diffuso le linee guida per la prevenzione e per una migliore cura dell’ictus in un documento rivolto al Parlamento europeo e a tutti i governi dell’Unione. Secondo la SAFE, il 40% degli ictus cerebrali potrebbero essere prevenuti grazie al controllo della pressione del sangue, al trattamento dell’ipertensione e di livelli alti di colesterolo.




“L’ictus ha ormai assunto le dimensioni di un’epidemia mondiale – afferma Domenico Inzitari, presidente del The Italian Stroke Forum, nonché direttore della Stroke Unit presso l’Azienda Ospedaliera-Universitaria “Careggi” a Firenze – e in Italia non possiamo che segnalare una scarsa consapevolezza del problema a tutti i livelli, oltre a constatare che, in molti ospedali italiani, il paziente arriva spesso in ritardo e non è curato come dovrebbe”.

Eppure per una persona colpita da ictus, essere sottoposta in tempi brevi ad una terapia di farmaci adeguati come i trombolitici, in molti casi può significare il ritorno ad una vita normale. Purtroppo però, come è emerso anche da una recente indagine, esistono ancora grandi differenze da regione a regione in termini di organizzazione e qualità dell’assistenza.

“L’obiettivo del nostro lavoro - ha dichiarato Maria Luisa Sacchetti, neurologa vascolare presso l’ Az. Policlinico Umberto I di Roma e Presidente della Federazione Alice Italia Onlus - è ridurre le conseguenze devastanti dell’ictus cerebrale, attraverso un intervento di sistema, vale a dire: informazione alla popolazione, valutazione e controllo delle persone a rischio, pressing sulle istituzioni sanitarie, affinché realizzino sistemi di assistenza integrati, ospedale-territorio, che garantiscano cure appropriate dall’esordio dei sintomi fino al rientro a casa”.

Sul fronte delle nuove terapie, l’ultima novità della ricerca si basa sulle tecniche che puntano a sfruttare le capacità del cervello di auto-ripararsi, “mettendo al lavoro” le cellule progenitrici immature presenti anche nel cervello adulto e indirizzandole a generare nuove cellule nervose. Queste tecniche possono essere messe in atto sia nel caso dell’ictus, sia in presenza di alcune malattie neuro degenerative come sclerosi multipla e Alzheimer.

I ricercatori hanno osservato infatti che, dopo una lesione ischemica cerebrale, alcune cellule che stanno intorno alla zona lesa emettono una sorta di segnale di allarme che induce altre cellule ad attivarsi per riparare il danno. Questo segnale viene ricevuto solo dalle cellule che possiedono un particolare recettore, chiamato GPR17: di solito l’azione riparatrice non riesce a prevalere sull’infiammazione causata dalla lesione, ma potenziando il recettore GPR17, è possibile migliorare l’azione autoriparatrice del cervello. Lo studio, pubblicato da PloS ONE, è stato coordinato da Maria Pia Abbracchio dell'Università di Milano e da Mauro Cimino dell'Università di Urbino.



http://www.tgcom.mediaset.it/tgmagazine/articoli/articolo431744.shtml

Modena, medicina rigenerativa

il Giornale.it
n. 258 del 2008-10-28 pagina 0

Modena, medicina rigenerativa:
inaugurato centro d'eccellenza
di Redazione

Il Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” è la struttura più avanzata al mondo per le ricerca e le applicazioni terapeutiche delle cellule staminali epiteliali. Un fiore all'occhiello del Paese, realizzato grazie alla Fondazione Cassa di Risparmio di Modena

Modena - Una struttura d'eccellenza, unica in Italia e a livello mondiale. Un primato di Modena e della medicina nazionale. "Rendere curabili patologie devastanti, senza reali terapie, fino ad oggi destinate a trattamenti medici di lunga durata e spesso di limitata efficacia" questo l’obiettivo primario del Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari”, progetto fortemente voluto dalla comunità scientifica e accademica dell’Ateneo modenese-reggiano e che Fondazione Cassa di Risparmio di Modena ha fin dall’inizio condiviso. "Un punto di riferimento internazionale che nasce con la missione di soddisfare il bisogno di salute dei pazienti a livello europeo e una forte vocazione alla formazione delle nuove leve di ricercatori nell’ambito delle bioscienze”. Struttura a Modena alla presenza del Ministro Maurizio Sacconi e del Presidente della Regione Vasco Errani, il Centro di Medicina Rigenerativa “Stefano Ferrari” dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, la struttura più avanzata al mondo per le ricerca e le applicazioni terapeutiche delle cellule staminali epiteliali.

Tredici milioni di euro per il Centro Il Centro è stato realizzato grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena che ha finanziato il progetto con un investimento di circa 13 milioni di euro. La Direzione del Centro è stata affidata al prof. Michele De Luca, Ordinario di Biochimica presso l’Ateneo modenese e uno dei pionieri nella medicina rigenerativa. De Luca sarà affiancato da un team di ricercatori di assoluto prestigio a livello internazionale: la prof.a Graziella Pellegrini, Coordinatore della Terapia Cellulare e il prof. Fulvio Mavilio, Coordinatore della Terapia Genica.

Struttura unica in tutto il Paese “Il Centro è l’unica struttura esistente in grado di curare, attraverso la ricerca e lo sviluppo delle cellule staminali epiteliali adulte, malattie che non hanno alternative terapeutiche, sia in terapia cellulare che in terapia genica. I principali campi di applicazione riguardano la ricostruzione degli epiteli di rivestimento compromessi, quali epidermide, cornee, uretra e mucosa orale e la terapia di malattie dermatologiche rare di origine genetica, come l’epidermolisi bollosa, che affligge i “bambini farfalla” – precisa il prof. De Luca.

Fondazione al servizio della scienza “La Fondazione Cassa di Risparmio di Modena ha avuto un ruolo determinante nella realizzazione del Centro – commenta il presidente della Fondazione prof. Andrea Landi-: non solo ne ha finanziato integralmente la costruzione e l’allestimento, ma si è occupata anche della progettazione. L’intervento testimonia l’impegno della Fondazione a favore della ricerca scientifica, settore nel quale si perseguono gli obiettivi di favorire l’inserimento dei giovani nella ricerca e collocare la ricerca modenese nel quadro nazionale ed internazionale. Il Centro costituisce - in termini di investimenti - lo sforzo più importante mai sostenuto dalla Fondazione nel settore e si caratterizza per le significative ricadute che l’attività di ricerca svolta al suo interno potranno avere in campo clinico e terapeutico”.

Ai vertici della medicina internazionale “Questo Centro di Medicina Rigenerativa porta a sintesi l’illuminato disegno del compianto professor Stefano Ferrari, cui è dedicato, che tra i primi ha compreso il valore strategico e l’importanza di impegnare l’Ateneo in un progetto capace di riunire insieme esigenze della ricerca, sperimentazione, applicazione dei risultati e trasferimento dei medesimi, creando una sinergia efficace tra l’Università e il mondo delle imprese. Per queste sue caratteristiche – sottolinea il prof. Gian Carlo Pellacani, Rettore dell’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia – il Centro, che per il suo decollo ha potuto avvalersi del decisivo sostegno economico della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, sarà in grado di proiettare l’Ateneo e la città di Modena ai vertici della ricerca internazionale in campo biotecnologico e di rappresentare un modello per il potenziamento della ricerca nel nostro Paese”.

Collaborazione con imrpese e università Il modello operativo prevede che il Centro, oltre a sviluppare autonomamente attività di ricerca di base, collabori attivamente con il mondo imprenditoriale attraverso la creazione di spin off universitari. Il primo risultato è la costituzione “Holostem Terapie Avanzate srl”, la prima impresa biotech italiana votata allo sviluppo, produzione e distribuzione di cellule staminali epiteliali per terapia avanzata. Nata come partnership fra l’Università degli studi di Modena e Reggio Emilia ed il Gruppo farmaceutico Chiesi, Holostem Terapie Avanzate si pone l’obiettivo di rendere disponibili i prodotti di terapia avanzata ai pazienti europei.





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