mercoledì 11 febbraio 2009

CASO ELUANA E MEDICI CATTOLICI

Focus: Medici cattolici, tutelare sempre la vita

Splendori: «Il diritto è come la gomma americana, ognuno lo tira dove vuole». Bagnato: «Fare in modo che la cultura della sofferenza prevalga su quella della morte» di Daniele Piccini

Domani (12 febbraio 2009) il professor Amato De Monte, l’anestesista incaricato alla sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione di Eluana Englaro, verrà ascoltato dall’Ordine dei medici di Udine che ha aperto un’istruttoria sulla base di «due segnalazioni», giunte da alcuni camici bianchi della casa di cura “La Quiete”, che avanzano dubbi «su possibili comportamenti deontologici scorretti». In particolare, sul fatto che il professor De Monte «si sia prestato a pratiche eutanasiche». Il presidente dell’Ordine udinese Luigi Conte assicura che «è un atto dovuto, per capire meglio la situazione e per tutelare lo stesso anestesista. Dobbiamo verificare – conclude Conte – le motivazioni, in base a quali principi il protocollo sia stato applicato, e su quali considerazioni scientifiche poggi. Una commissione di medici sarà poi chiamata a decidere su eventuali sanzioni, semmai ce ne fosse bisogno».

«Aspettiamo l’esito di queste indagini», dichiara il professor Franco Splendori, presidente diocesano dell’Associazione medici cattolici italiani. «In tutta questa vicenda – prosegue Splendori – emerge, paradossalmente, ancor più nitida la figura del medico e dei suoi doveri. Per quanto una persona possa dichiarare davanti ad un notaio di voler morire, nel caso si trovasse in condizioni vegetative, e per quanto i suoi parenti possano assecondare questa sua decisione, anche in accordo con la legge, alla fine spetta sempre alla responsabilità del medico la decisione finale sulla vita». Il cuore di Antigone deve insomma prevalere sulla ragion di stato di Creonte. «Il diritto è come la gomma americana, ognuno lo tira dove vuole. Il presidente emerito della corte costituzionale Gustavo Zagrebelsky afferma che “tutto si è svolto legalmente”? Ebbene – conclude Splendori – io sto con Mirabelli e Capotosti, anche loro presidenti emeriti della suprema Corte, che hanno affermato che il decreto per salvare Eluana (non firmato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ndr) era secondo la Costituzione ed aveva “urgenza” e “necessità”. Sono sicuro che è solo l’1% dei medici a comportarsi in modo indegno, il restante 99% svolge la sua professione nel rispetto della vita».

Dopo il lutto e lo scoramento, il professor Antonino Bagnato, presidente del Forum delle associazioni socio sanitarie cattoliche del Lazio, cerca di ritrovare la lucidità necessaria per abbozzare una prospettiva che eviti, in futuro, il ripetersi di altri «casi Englaro». «Se noi cattolici crediamo che la vita vegetativa sia comunque vita, dobbiamo fare in modo che la cultura, profondamente istruttiva, della sofferenza prevalga sulla cultura della morte. La Chiesa deve trovare i fondi per creare strutture specifiche, dove le persone malate e i loro parenti, comprensibilmente in crisi, possano essere sostenuti. Io sono ematologo, curo leucemie, so cosa significa andare tutti i giorni all’ospedale a chiedere notizie sui propri cari. È stancante. Ma si è preferito spettacolarizzare la vicenda di Eluana, piuttosto che sostenere la debolezza di Beppino Englaro».

Non c’è solo la contrizione per la morte di una persona e il senso di impotenza per non essere riusciti a salvarla. Resta anche l’amarezza per non aver potuto constatare la compattezza dei colleghi sul “fronte” Englaro. «Non c’è dubbio che l’immagine del medico sia stata colpita – commenta Bagnato – la nostra professione è fatta per sanare e per valorizzare la vita. La classe e i sindacati dei medici hanno giustamente alzato gli scudi contro la nuova legge che permette ai dottori di denunciare gli immigrati clandestini. Su Eluana invece si sono divisi. Questo perché gli interessi economici prevalgono sulle ragioni della medicina e, si sa, mantenere persone nelle condizioni di Eluana è molto costoso».

11 febbraio 2009



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