Ictus: spesso è curabile
Una campagna di sensibilizzazione
Ogni anno muoiono in tutto il mondo oltre sei milioni di persone a causa dell’ictus cerebrale. In Italia sono colpiti circa 200mila pazienti all’anno, di questi circa 40mila muoiono entro breve tempo e altrettanti perdono la loro autosuffucienza. Tradotto in termini economici tutto questo significa 3,7 miliardi di spesa per garantire l’assistenza a questi malati, pari allo 0,25% del prodotto interno lordo italiano. Un altro dato drammatico è la diminuzione significativa dell’età dei pazienti colpiti. Eppure, l’ictus cerebrale è una catastrofe in larga misura prevedibile e anche curabile.
La Stroke Alliance for Europe (SAFE), organizzazione che riunisce 20 Associazioni di pazienti colpiti da ictus in 17 Paesi europei. ha diffuso le linee guida per la prevenzione e per una migliore cura dell’ictus in un documento rivolto al Parlamento europeo e a tutti i governi dell’Unione. Secondo la SAFE, il 40% degli ictus cerebrali potrebbero essere prevenuti grazie al controllo della pressione del sangue, al trattamento dell’ipertensione e di livelli alti di colesterolo.
“L’ictus ha ormai assunto le dimensioni di un’epidemia mondiale – afferma Domenico Inzitari, presidente del The Italian Stroke Forum, nonché direttore della Stroke Unit presso l’Azienda Ospedaliera-Universitaria “Careggi” a Firenze – e in Italia non possiamo che segnalare una scarsa consapevolezza del problema a tutti i livelli, oltre a constatare che, in molti ospedali italiani, il paziente arriva spesso in ritardo e non è curato come dovrebbe”.
Eppure per una persona colpita da ictus, essere sottoposta in tempi brevi ad una terapia di farmaci adeguati come i trombolitici, in molti casi può significare il ritorno ad una vita normale. Purtroppo però, come è emerso anche da una recente indagine, esistono ancora grandi differenze da regione a regione in termini di organizzazione e qualità dell’assistenza.
“L’obiettivo del nostro lavoro - ha dichiarato Maria Luisa Sacchetti, neurologa vascolare presso l’ Az. Policlinico Umberto I di Roma e Presidente della Federazione Alice Italia Onlus - è ridurre le conseguenze devastanti dell’ictus cerebrale, attraverso un intervento di sistema, vale a dire: informazione alla popolazione, valutazione e controllo delle persone a rischio, pressing sulle istituzioni sanitarie, affinché realizzino sistemi di assistenza integrati, ospedale-territorio, che garantiscano cure appropriate dall’esordio dei sintomi fino al rientro a casa”.
Sul fronte delle nuove terapie, l’ultima novità della ricerca si basa sulle tecniche che puntano a sfruttare le capacità del cervello di auto-ripararsi, “mettendo al lavoro” le cellule progenitrici immature presenti anche nel cervello adulto e indirizzandole a generare nuove cellule nervose. Queste tecniche possono essere messe in atto sia nel caso dell’ictus, sia in presenza di alcune malattie neuro degenerative come sclerosi multipla e Alzheimer.
I ricercatori hanno osservato infatti che, dopo una lesione ischemica cerebrale, alcune cellule che stanno intorno alla zona lesa emettono una sorta di segnale di allarme che induce altre cellule ad attivarsi per riparare il danno. Questo segnale viene ricevuto solo dalle cellule che possiedono un particolare recettore, chiamato GPR17: di solito l’azione riparatrice non riesce a prevalere sull’infiammazione causata dalla lesione, ma potenziando il recettore GPR17, è possibile migliorare l’azione autoriparatrice del cervello. Lo studio, pubblicato da PloS ONE, è stato coordinato da Maria Pia Abbracchio dell'Università di Milano e da Mauro Cimino dell'Università di Urbino.
http://www.tgcom.mediaset.it/tgmagazine/articoli/articolo431744.shtml
lunedì 1 dicembre 2008
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