Aids, negli Usa nuovo stop nella corsa al vaccino:
potrebbe aumentare il rischio infezione
ROMA (19 luglio) - Nuova battuta d'arresto nella corsa mondiale al vaccino anti-Hiv. L'istituto statunitense per le allergie e le malattie infettive (Niaid) ha bloccato per motivi di sicurezza un piano nazionale che avrebbe dovuto cominciare a testare un nuovo preparato su 8.500 volontari. La sperimentazione sarebbe stata condotta da “Pave” (Partnership for Aids vaccine evaluation), un consorzio di agenzie governative statunitensi e organizzazioni finanziate con fondi pubblici che ha come obiettivo quello di mettere a punto un efficace vaccino contro il virus Hiv.
Lo stop allo studio imposto dal Niaid è dovuto a ragioni di sicurezza. Gli esperti, infatti, mettono in dubbio l'efficacia del vaccino, che potrebbe anche aumentare il rischio di infezione tra i volontari arruolati. Per questo sottolineano la necessità di controlli più approfonditi e di altre sperimentazioni, sia sugli animali che sugli uomini, prima di dare il consenso alla produzione su vasta scala del vaccino.
Il direttore del Niaid, Anthony Fauci, ha affermato che potrebbe essere presa in considerazione la possibilità di svolgere una sperimentazione più ristretta, con l'unico intento di scoprire se il vaccino “Pave” sia capace di ridurre la carica virale, cioè la quantità di virus Hiv presente nel sangue. Nonostante questo ennesimo insuccesso, che segue di pochi mesi l'interruzione della sperimentazione di un altro vaccino anti-Hiv prodotto dalla casa farmaceutica Merck (anch'esso per ragioni di sicurezza), la messa a punto di un preparato efficace non sembra essere un traguardo irraggiungibile, almeno per l'immunologo Fernando Aiuti. L'esperto italiano, infatti, ritiene che i ricercatori debbano ora correggere il tiro cambiando l'approccio mantenuto nell'ultimo decennio. «Oggi non abbiamo metodi validi per valutare l'efficacia dei vaccini - spiega Aiuti - nè modelli animali adeguati per eseguire i test. Inoltre finora abbiamo usato solo vaccini basati sulle proteine del virus. Dobbiamo andare oltre, battendo nuove strade, magari usando anche virus resi innocui ma vivi, capaci di replicarsi continuamente, per dare una immunità più prolungata».
La ricerca sul vaccino anti-Hiv comunque prosegue il suo cammino, anche nel nostro Paese. Pochi giorni fa, infatti, l'Istituto superiore di sanità ha dato il via libera alla seconda fase della sperimentazione del vaccino italiano terapeutico, messo a punto dalla sua ricercatrice Barbara Ensoli e prodotto presso l'Università di Urbino interamente con fondi pubblici. I test coinvolgeranno 128 pazienti sieropositivi di dieci centri italiani. Parallelamente è prevista anche una serie di test in Sud Africa e Swaziland, per i quali si attende il via libera delle autorità regolatorie locali.
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=27986&sez=HOME_SCIENZA
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